La versione dell'ex ministro dell'Economia

Silvio Berlusconi, Giulio Tremonti sul golpe del 2011: "Non ho complottato, tre prove mi scagionano"

Benedetta Vitetta

L'ex ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, torna a riaffermare, una volta per tutte, la sua estraneità a chi dice che lui, insieme con un altro ministro, abbia complottato contro il governo Berlusconi. "Nel mio ultimo libro Rinascimento" dice Tremonti, "c'è la cronologia dei fatti. Il 31 maggio 2011 nelle ultime Considerazioni finali di Draghi da governatore della Banca d'Italia si lodava "la prudente gestione della spesa, le correzioni inferiori a quelle richieste agli altri Paesi", spiega in un'intervista a Il Giornale. Il 21 luglio la Commissione Ue approvò le misure di bilancio. Dunque sono stati tre anni di gestione prudente perché il governo, del quale sono onorato di aver fatto parte, è stato sostenuto in Parlamento dal presidente del Consiglio. Gestire il terzo debito pubblico del mondo senza essere la terza economia del mondo nella crisi più grave del secolo è un'esperienza che ti prova duramente e che richiede grande forza. Basta leggere il libro del 2014 dell'ex premier spagnolo Zapatero, "El dilema", nel quale si sottolinea come nel vertice di Cannes del 2011 Obama prese le difese dell'Italia impedendo che Merkel e Sarkozy la commissariassero. Sono parole di grande apprezzamento, poi per inciso si riconosce che dopo che Tremonti parlò con Geithner Obama disse: "Silvio is right"".  Tremonti spiega poi, fin nei minimi particolari, il perché della sua assenza durante il voto sul rendiconto 2010, momento in cui l'esecutivo Berlusconi perse la maggioranza: "Il voto importante c'era già stato sul bilancio" afferma l'ex ministro, "non ho mai votato il rendiconto, è un adempimento poco rilevante. Ero al lavoro al ministero ma quando mi avvertirono dell'uscita dalla maggioranza di un gruppo di parlamentari mi precipitai alla Camera. Mentre ero in Piazza Montecitorio mi chiamò la batteria del Viminale per conto del Quirinale, i tabulati sono a disposizione di chiunque ma anche la memoria del mio telefonino. Mi passarono il presidente Napolitano che era con i presidenti di Camera e Senato che si lamentavano per i tagli agli organi costituzionali. Chiusa la telefonata, entrai in Aula nel momento in cui si chiuse la votazione. Se avessi voluto complottare, quanto meno non mi sarei fatto vedere". In quei giorni si ipotizzò un governo Tremonti con Grilli al Tesoro e Milanese ai Servizi. "Per quanto il presidente Napolitano fosse spregiudicatamente attivo, dubito che avrebbe proposto quei nomi". Ma il complotto era interno o esterno? "Il complotto inizia con la lettera della Bce, preparai in sette giorni il decreto legge che anticipava il pareggio di bilancio. Il Financial Times lo definì "perfect". Se avessi voluto mandare a fondo la nave, avrei affidato l'attività al gruppo dei volenterosi, traditori compresi, che con gli emendamenti di maggioranza ridussero la forza di quel decreto non comprendendo la drammaticità del momento".  Perché il decreto sviluppo non fu presentato al vertice di Cannes? "Lo bocciò Napolitano perché troppo articolato e spezzettato e dunque oggetto non possibile di un decreto. La stessa autorità ha cambiato giurisprudenza con i governi successivi. Sarebbe stato inserito con un emendamento in un decreto e convertito entro pochi giorni. Anche se il decreto fosse passato, il plotone di esecuzione era già pronto".