Dietro le quinte
Il piano di Napolitano: far dimettere Letta e distruggere il Pdl
Enrico Letta domattina, mercoledì 2 ottobre, si presenterà in Parlamento e chiederà la fiducia delle Camere perché vuole chiarezza sul suo futuro: "O con me o contro". Vuole lealtà il premier. Certo, questo è il suo piano. Un assist, all'apice di una giornata convulsa, arriva da Angelino Alfano: "Il Pdl, compatto, voti la fiducia al premier". Un messaggio chiaro: i numeri ci sono. Un messaggio talmente chiaro da mettere in difficoltà Letta e, soprattutto, Giorgio Napolitano. Il Colle infatti, complici le fibrillazioni di Silvio Berlusconi e la rabbia per il caso della telefonata trasmessa da Piazza Pulita (in cui il Cav getta ombre sulla presidenza della Repubblica), non reputa più la crisi di governo uno scenario catastrofico (a patto però che si trovi una nuova maggioranza). Ed è per questo che secondo alcune indiscrezioni Re Giorgio avrebbe escogitato un piano: spingere Letta al Senato non per chiedere la fiducia, bensì per presentare le sue dimissioni. Il piano (quasi) perfetto - Se la crisi venisse ufficializzata, cristallizzata, le responsabilità cadrebbero tutte su Silvio Berlusconi. Inoltre, come effetto secondario, uscirebbero dall'empasse gli onorevoli azzurri tentati dal sostenere un bis del governo Letta. Se crollasse tutto, la pugnalata dei "traditori" (così li ha appena bollati Marina) sarebbe un po' meno pugnalata: senza alcun "regicidio" (quello di Berlusconi) potrebbero smarcarsi a cose fatte, e accordare così la loro fiducia a un nuovo governo dopo un giro di consultazioni. Un giro di consultazioni, è bene notarlo, durante il quale arriverebbe (quasi) a conclusione l'iter della decadenza del Cavaliere (venerdì l'ultimo voto in Giunta, poi la palla passa all'aula del Senato) e, con tutta probabilità, durante il quale verrebbe ristabilita la sua interdizione (la corte d'Appello del tribunale di Milano la rimoluderà il 19 ottobre). Nel frattempo, come detto, al governo ci potremmo trovare ancora Letta; ma il Colle non esclude neppure le carte Giuliano Amato e Fabrizio Saccomanni. La mossa di Angelino - L'inconfessabile e segretissimo piano di Napolitano, però, è stato messo a repentaglio proprio dalla dichiarazione di Alfano, che "scavalcando" Berlusconi ha chiesto ai suoi, compatti, di votare la fiducia. Se al momento del voto in aula al Senato la posizione del Pdl fosse quella proposta dal segretario, il premier non avrebbe alibi: ci sarebbero i numeri, e le eventuali dimissioni, in fin dei conti, farebbero ricadere su Palazzo Chigi le maggiori responsabilità per il crollo delle larghe intese. Per questi motivi, dunque, la presa di posizione di Alfano potrebbe essere ben diversa da uno strappo, e assomigliare molto di più all'estremo tentativo di Berlusconi di salvare baracca e burattini (il Cav, riferiscono fonti azzurre, vorrebbe provare a ricucire lo strappo, condannato senza appello dai sondaggi. Silvio è tentato dalla retromarcia, ma non vuole intestarsela e manda in trincea il segretario).