I conti al Senato
Governo, bastano 10 "traditori" e parte il Letta-bis senza Berlusconi
Quattro senatori a vita per tenere in vita il governo Letta? L’ultima radiografia dell’aula di Palazzo Madama segna un rapido accorciarsi di distanze tra i sostenitori dell’esecutivo guidato da Enrico Letta e la soglia di senatori necessaria per la maggioranza assoluta. Fantapolitica fino a quando il Pdl rimane della partita, ma la questione è dopo: cosa succede se Silvio Berlusconi decide di mollare al suo destino l’esecutivo, specie se contro di lui arriva il voto dell’“alleato” Pd per cacciarlo dal Senato? Il Cav lo ha già spiegato una volta: «Se due amici sono in barca insieme e uno dei due butta l’altro a mare, di chi è la colpa se poi la barca sbanda?». Detto più chiaro: «Il governo cade se la sinistra mi fa decadere». Eppure, la nomina dei nuovi quattro senatori a vita cambia non poco gli scenari in Parlamento, perché i 4 votano come gli altri eletti e non pare abbiano, finora, mostrato slanci di simpatia per il Pdl. Pallottoliere alla mano, se i senatori fino a ieri erano 317 (compresi i due a vita Carlo Azeglio Ciampi e Mario Monti, leader di Scelta Civica nel cui gruppo figura), ora siamo a quota 321. La maggioranza assoluta, che era di 159, si è spostata a quota 161, e nel caso in cui il Pdl dovesse staccare la spina, Pd, Sc e il gruppo per le Autonomie (Svp, Uv, Patt, Upt, con il Psi e Maie), in totale 138, non arriverebbero da soli alla soglia utile per la sopravvivenza. Se aggiungiamo i 5 senatori a vita siamo a 143. Ne mancherebbero 18. Ma con l’aiutino del Misto e della pattuglia grillina in fibrillazione, per il centrodestra non ci sarebbe più partita. Il Pdl conta, infatti, su 91 senatori alcuni dei quali, come Mimmo Scilipoti, e una decina eletti al Sud, hanno già dichiarato che piuttosto di tornare alle urne sono disponibili a votare per un Letta bis, e tanti saluti all’amico Silvio. Anzi: hai visto mai che, in assenza del Pdl, si liberi qualche poltrona da ministro, in cambio del sì alla fiducia. È evidente, poi, il ruolo che avrebbe il Misto nello scacchiere del Senato: su 12 membri attuali, 7 sono targati Sinistra e Libertà e loro sì che potrebbero essere il vero soccorso rosso per tenere a galla l’esecutivo caro a Napolitano. Sel era alleata del Pd, poi ha scelto di non appoggiare le larghe intese celebrate con il nemico B. e con i moderati Monti e Casini, ma se Letta dovesse avere bisogno di numeri, chissà. Una vera incognita è rappresentata dalla mini-pattuglia del Gruppo Grandi Autonomie e Libertà (Gal). Ufficialmente più vicini al centrodestra e a Berlusconi, adesso pare che almeno tre o quattro (sono 10) potrebbero fare il salto della quaglia e votare con il Pd, visto che ben pochi hanno voglia di tornare a casa prima del tempo. Occhi puntati, dunque, su Giulio Tremonti, che ne fa parte, e su Paolo Naccarato, il quale ha già fatto sapere che in caso di crisi di governo «si materializzerebbe una maggioranza silenziosa e per Berlusconi si profilerebbero sorprese e delusioni». E i Cinquestelle? Per ora il gruppo conta 50 senatori, ma è molto diviso tra “talebani” di Grillo e “aperturisti” disposti al dialogo con il Pd. Qualcuno, come Lorenzo Battista, è uscito allo scoperto dicendosi favorevole a votare per un Letta bis. Luis Alberto Orellana, prima tra i più ortodossi, ha mandato a dire a Beppe che «noi non siamo soldatini ed è necessario confrontarsi con le altre forze politiche». Sul blog del leader sono piovuti i vaffa contro i dissidenti, ma in una ventina sarebbero pronti a cambiare casacca o, quantomeno, a formare un gruppo autonomo staccato dal M5S. Infuriati soprattutto sulle preferenze di Grillo per il Porcellum. Del resto, è dalla prima espulsione, quella di Adele Gambaro, che i grillini del Senato sono in fermento. E la Gambaro ora è nel Misto, come Marino Mastrangeli e le colleghe Paola De Pin e Fabiola Anitori. I rumors assicurano che si tratti di 4 voti utili per il centrosinistra e che il pressing del Pd sia già cominciato. di Brunella Bolloli