Cav al muro
Berlusconi nella morsa della sinistra. Rodotà: "Niente grazia". Stefàno: "Incandidabile per almeno 2 anni"
Dopo le toghe, la sinistra: Silvio Berlusconi è di nuovo accerchiato. La Cassazione, confermando la condanna per il processo Mediaset a 6 anni di carcere rinviando in Appello la pratica sulla interdizione, ha restituito il "caso Cavaliere" all'agone politico, e non è detto che per il leader del Pdl sia meglio. Perché, sentito l'odore del sangue del Caimano, iene e avvoltoi non resistono al richiamo. Troppo ghiotta l'opportunità di far fuori il capo del centrodestra. I nodi, dunque, sono almeno due: da un lato la grazia, questione però tutta in mano al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e, prima ancora, a Berlusconi e ai suoi avvocati. La seconda questione, ancora più pressante, è quella della "agibilità politica" del Cav, ovvero la sua "decadenza" da senatore e la sua incandidabilità. Incandidabilità e decadenza - La Giunta per le autorizzazioni, presieduta dal vendoliano Dario Stefàno, entro breve (parola del presidente) si esprimerà riguardo alla decadenza di Berlusconi, prima di passare la palla all'aula di Palazzo Madama. E l'aria che tira, per l'ex premier, non è buona. Intervistato dall'Ansa, Stefàno ricorda come l'eventuale grazia non inciderà sulla incandidabilità prevista dalla legge Anticorruzione Severino nei casi di condanne definitive a più di 2 anni di reclusione. "In relazione a eventuali future competizioni elettorali di Silvio Berlusconi, per i prossimi 6 anni gli Uffici elettorali non potranno ricevere la candidatura a causa dell'incandidabilità prescritta dal Decreto 235 del 31 dicembre 2012 a meno che non intervenga una riabilitazione, su richiesta dello stesso Berlusconi. Ma ciò - sottolinea Stefàno - è inimmaginabile, prima di almeno 2 anni. Quanto alla decadenza da senatore della XVII legislatura, invece, la decisione finale spetterà all'Assemblea del Senato, e non potranno esserci salvacondotti provenienti dall'esterno". Due anni con Berlusconi fuori dai giochi, tempo sufficientemente lungo per tornare a votare e tenere il Cav lontano dai Palazzi. Se il Pd, diviso tra la tentazione di eliminare politicamente lo storico avversario e mantenere in vita il governo di Enrico Letta, per ora maneggia la patata bollente con le pinze, il Movimento 5 Stelle spinge sull'acceleratore e preme per votare il prima possibile la decadenza del senatore Berlusconi. Rodotà: "Grazia impossibile" - Non a caso, è proprio un nome assai vicino a Grillo e al M5S, Stefano Rodotà, a spedire avvertimenti minacciosi al Cavaliere. Intervistato da Radio Capital, l'ex candidato grillino al Quirinale sostiene tranchant: "Spiragli per la grazia nella nota di Napolitano? Non ne vedo, non ci sono le condizioni, tra tre anni non so cosa potrebbe accadere, ci potrebbe anche essere una situazione di emergenza umanitaria, ma oggi come oggi no". In altre parole: Berlusconi non sta male, l'Italia non è in una guerra civile. Quindi, il Cavaliere sconti la sua pena fino in fondo. Ma le parole di Rodotà, pur gentili nei confronti del Quirinale, sembrano nascondere malizia: se Napolitano concederà la grazia a quello che Marco Travaglio ha definito nel suo ultimo editoriale sul Fatto quotidiano "il noto delinquente pregiudicato", come minimo non ci farà una bella figura. Ci sono altre vie per la clemenza? "No, non ci sono", è la lapidaria sentenza di Rodotà. Anche se, scrive Travaglio, "il nostro geniale Presidente ha subito orientato i numerosissimi neuroni verso una nuova, appassionante impresa: lo studio della forma di grazia più appropriata per garantire l'agibilità politica" a B. L'impressione è che a sinistra stiano spianando la ghigliottina. E sul patibolo, oltre a Silvio, ci potrebbe finire anche Re Giorgio.