Il retroscena
Napolitano, il piano per il voto a febbraio
Tutti hanno un piano. Una exit strategy. Una mappa. Ma le chiavi della legislatura le ha in mano Re Giorgio Napolitano. Il Colle sa bene che i due principali partiti delle larghe intese, Pd e Pdl, sentono odor di urne. Tanto che solo poche ore fa il ministro delle Riforme, Gaetano Quagliariello, ha voluto ricordare: "Non si possono sciogliere le Camere prima che la Corte costituzionalesi sia pronunciata sulla legittimità della legge elettorale", il 3 dicembre. Nel frattempo Napolitano attende di vedere così accadrà a Ferragosto, quando scadrà l'ultimatum del Pdl per concedere un provvedimento di grazia a Silvio Berlusconi. La commutazione - Il punto è che il Cavaliere ha fretta - il 15 settembre gli verrà notificato il provvedimento di esecuzione della pena -, mentre invece Napolitano non ne ha. In cima all'agenda di Re Giorgio c'è la continuazione delle larghe intese (e la riforma elettorale). Per quel che riguarda il salvacondotto a Berlusconi, invece, se ne riparlerà a settembre: nei tempi posti dall'ultimatum del Pdl non dovrebbero arrivare soluzioni. Secondo le indiscrezioni di stampa tanto sgradite al Quirinale, la soluzione più papabile - alla quale lavorerebbero due strettissimi collaboratori di Napolitano, Ernesto Lupo e Giancarlo Montedoro - sarebbe quella della commutazione della pena a Berlusconi in senso pecuniario. Strane intese - Ma cosa succederà quando Re Giorgio, a Ferragosto, avrà disatteso l'ultimatum del Pdl? Di sicuro si incendieranno i toni degli azzurri. Berlusconi avrebbe detto che "senza una soluzione faccio cadere tutto", mentre i falchi già organizzano la kermesse per il lancio (politico) in grande stile di Marina. Napolitano, però, non concederà mai il voto in autunno, piuttosto cercherà in tutti i modi una maggioranza trasverale (Pd e M5S) almeno per cambiare la legge elettorale. E un governo democratico-grillino potrebbe far fuori il Cav con la legge sul conflitto di interessi e la incompatibilità. E Berlusconi lo sa. Il bivio - Lo scacchiere, insomma, è complesso. Se il Pdl facesse cadere il governo dopo l'estate si esporrebbe al rischio di una maggioranza alternativa. Napolitano, da par suo, se crollasse tutto, non sciogliendo le Camere rischierebbe di paralizzare il Paese con una sorta versione 2.0 delle estenuanti consultazioni bersaniane dello scorso marzo. Ma il Colle sa di potersi giocare la carta della riforma del Porcellum, un punto sul quale i grillini potrebbero cedere e aprire a una collaborazione di scopo. Niente martiri - In definitiva, Napolitano ha i suoi argomenti, più pesanti e decisivi rispetto a quelli di tutti gli altri attori in gioco. Il sentiero d'emergenza che il Colle percorrerà in caso di necessità è quello che porta al voto a febbraio e marzo, dopo la riforma elettorale, appunto (le larghe intese, per arrivare a votare in autunno, a settembre avrebbero a disposizione 20 giorni per riformare il Porcellum: una missione impossibile). Solo dopo la riforma, a ridosso della campagna elettorale, Napolitano potrebbe concedere il salvacondotto a Berlusconi. Re Giorgio, infatti, non vuole che il Cav possa condurre una campagna elettorale "da martire".