Politica

Berlusconi, pressing Pdl sul Colle: grazia o difenderemo democrazia

Roma, 2 ago. (Adnkronos) - Diventa un gabinetto di guerra la riunione di Silvio Berlusconi con i parlamentari del Pdl. Prima il Cavaliere minaccia le elezioni anticipate. Poi Angelino Alfano annuncia che i ministri Pdl sarebbero pronti a dimettersi. Quindi Renato Schifani chiama in causa Giorgio Napolitano chiedendo che "ripristini la democrazia falsata dalla sentenza" della Cassazione di giovedì. Ovvero la richiesta di grazia. Richiesta condita dalle dimissioni in blocco di tutti i deputati e senatori del Pdl: i capigruppo Brunetta e Schifani le porteranno al capo dello Stato. Dice Brunetta: "Con no a grazia difenderemo democrazia", minaccia il capogruppo. Dal Quirinale, al momento, filtra soltanto una considerazione: si ricorda che è la legge a stabilire quali sono i soggetti titolati a presentare la domanda di grazia. Un'accelerazione che sconquassa la già delicata situazione in cui si muove il governo Letta. Il premier, incontrando i parlamentari di Scelta Civica, è tornato a chiedere sostegno all'esecutivo. Sarebbe "un delitto mettere a rischio adesso la stabilità" del governo perché "i sacrifici, che erano necessari, hanno pagato" e "si vedono i primi segnali di ripresa economica" ma serve "continuità" e "lavoro" per coglierli appieno. Parole che vengono travolte dall'escalation dettata da Berlusconi. Il cambio di scenario imposto dal Pdl raggiunge Guglielmo Epifani mentre si trova a una festa del Pd in Emilia. La reazione a caldo del segretario Pd è quasi di incredulità: "Non so cosa esattamente abbia detto Berlusconi. Se avesse detto questo, vuol dire che romperebbe quel patto-contratto con gli italiani di realizzare un governo di servizio". Se il Cavaliere abbia veramente l'intenzione di far precipitare tutto e andare al voto, se la sua sia solo una minaccia o una forma di pressione per ottenere la grazia si vedrà, certo le parole pronunciate davanti ai parlamentari Pdl sono inequivocabili e la regia dell'assemblea con l'uscita prima di Alfano sulle dimissioni e quindi di Schifani sulla grazia è stata precisa. Berlusconi comincia attaccando la magistratura. Dice che la sentenza della Cassazione è "basata sul nulla" e che nei suoi confronti è in atto da anni una "persecuzione giudiziaria". Poi un'affermazione che suona come dita negli occhi del Pd. Il Cavaliere evoca il tema che da sempre divide Pdl e democratici: la riforma della giustizia. Quella in salsa Cav è sempre stata inaccettabile per il centrosinistra. Ma Berlusconi fa di più non solo chiede la riforma della giustizia ma la lega alla sopravvivenza dell'esecutivo. "Non possiamo sottrarci al dovere di una vera riforma della giustizia per questo siamo pronti alle elezioni". Quindi l'affondo finale. Dobbiamo chiedere al più presto le elezioni per vincerle, avrebbe detto Berlusconi. "Riflettiamo sulla strada migliore per raggiungere questo obiettivo". Dopo Berlusconi, è intervenuto Angelino Alfano mettendo sul tavolo le dimissioni dei ministri del Pdl. Se c'è da difendere i nostri ideali e la storia di tutti noi e la nostra storia, presidente, coincide con la sua, siamo tutti pronti alle dimissioni, a partire dai ministri al governo, ha detto il vicepremier. Poi è stato il turno di Renato Schifani: "Ci muoveremo a breve, io e Brunetta, perché ti possa essere restituita, nel rispetto della Costituzione, caro presidente, quella libertà che ti spetta per la tua storia, per quello che hai fatto per il Paese, per ottenere quindi da Napolitano il ripristino dello stato di democrazia che questa sentenza ha alterato". Quindi i parlamentari hanno consegnato le loro dimissioni ai capigruppo Schifani e Brunetta, che le porteranno al capo dello Stato. In ballo c'è la richiesta di grazia. La linea dura del Pdl provoca la reazione del Pd. Il primo a intervenire è Stefano Fassina. "Se i ministri Pdl sono convinti delle loro ragioni si dimettano - dice il viceministro dell'Economia -. Basta minacce e ricatti. Il Pd non si fa ricattare". Intanto, il pm di Milano Ferdinando Pomarici ha firmato l'ordine di esecuzione della pena - sospesa - per Berlusconi, condannato a 4 anni di reclusione per frode fiscale nel processo sui diritti Mediaset. Il decreto di esecuzione della pena con sospensione, che garantisce la possibilità di richiedere l'affidamento in prova ai servizi sociali o gli arresti domiciliari, è stato già notificato dai Carabinieri di Roma a Berlusconi. Lo confermano fonti vicine al Pdl. L'estratto esecutivo della sentenza emessa dalla Corte di Cassazione è stato notificato al Senato. Il provvedimento è stato quindi trasmesso dal presidente dell'Assemblea di Palazzo Madama, Piero Grasso, al presidente della Giunta delle Elezioni Dario Stefano. La Questura di Milano ha disposto la revoca del passaporto di Berlusconi. La procedura, prevista per legge, è partita subito dopo l'emissione del decreto di esecuzione della pena. Il provvedimento sarà eseguito però dalla questura di Roma, in quanto il Cavaliere vi risulta da qualche tempo residente. Secondo quanto si apprende da fonti qualificate, Berlusconi si prenderà tutto il tempo per decidere sulle eventuali misure alternative dopo la condanna definitiva a 4 anni (tre indultati). Il termine della scelta potrebbe essere proprio il 15 ottobre, ultimo giorno utile per presentare le istanze.