Il giorno del giudizio
Una "terza via" per il Cav:tre anni di condannama niente interdizione
Alla ricerca di una via d’uscita. Tra le ipotesi su cui si ragiona al secondo piano del Palazzaccio, teatro dell’udienza della corte di Cassazione sul “caso Mediaset”, una in particolare ha preso consistenza nelle ultime ore. Una sorta di “terza via” tra la conferma tout court della sentenza di condanna per Silvio Berlusconi e l’assoluzione. I cinque giudici del collegio feriale, infatti, starebbero lavorando ad una pronuncia che, pur ribadendo la colpevolezza del Cavaliere, attraverso l’azione su una delle due annualità di evasione fiscale contestate a Mediaset, sulla quale i giudici avrebbero acceso i riflettori per via della complessità del calcolo, permetterebbero di diminuire la pena complessiva da quattro a tre anni di carcere. In quel caso, gli anni di detenzione sarebbero coperti dall’indulto e in questo modo non scatterebbe la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Ovvero l’estromissione di Berlusconi dalla camera di appartenenza: il Senato. Insomma, grazie all’artificio di abbassare di un anno la condanna, i giudici da una parte dichiarerebbero colpevole il leader del Pdl, dall’altra gli permetterebbero di restare al centro della scena politica conservando il seggio a Palazzo Madama. Che la Corte abbia intenzione di trovare un compromesso, del resto, è apparso evidente quando martedì il sostituto procuratore generale, Antonello Mura, ha chiesto proprio la ridefinizione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, che a detta del rappresentante dell’accusa dovrebbe scendere da cinque a tre anni. Il segnale di una timida apertura che non è sfuggito ai difensori di Berlusconi, che pure continuano a sperare in un’assoluzione piena. Fatto sta che se la Corte dovesse accogliere il rilievo di Mura sul ricalcolo della pena accessoria, i giudici potrebbero anche decidere di passare la palla ai loro colleghi dell’appello, seppur limitatamente alla ridefinizione del periodo di interdizione. In quel caso, però, fino alla nuova pronuncia Berlusconi non perderebbe il seggio da senatore. Sarebbe molto più incline al compromesso, invece, la decisione di accogliere uno dei rilievi avanzati dall’avvocato Franco Coppi. Ossia che la sentenza di condanna del Cav sarebbe stata modulata non in base all’articolo 4 della legge 74 del 2000 sui reati tributari (dichiarazione infedele), ma in virtù dell’articolo 2 (dichiarazione fraudolenta). Se i giudici ritenessero fondata questa tesi, dovrebbero annullare la sentenza rinviando il processo ad un nuovo processo di appello. Processo che non potrebbe non tenere conto del principio di diritto affermato dalla Cassazione, con una pena naturalmente più bassa. Con riverbero, favorevole per Berlusconi, anche sul fronte dell’interdizione. di Tommaso Montesano