L'intervista
"La pitonessa Santanchè?Vuole suicidare Forza Italia"
Forza Italia è già rinata. Almeno nella targa del gruppo alla Camera, al quinto piano di via Uffici del Vicario. Rilucidata e appesa al posto di quella che ormai fu del Popolo delle libertà. Un colpo all’occhio per gli ex An, ormai sparuti, che nel 2009 accettarono col groppo alla gola di spegnere la fiamma tricolore per sciogliersi nell’azzurro berlusconiano. Ma anche per chi ha avuto un ruolo chiave nel Pdl, come l’ex capogruppo a Montecitorio, Fabrizio Cicchitto. Onorevole, che effetto le ha fatto ritrovarsi davanti al vecchio logo di Forza Italia? «Io sono un laico, anche nei simboli. Forza Italia è una bellissima sigla. A suo tempo io ero più propenso a restare lì e fare un patto federativo con An e Udc. Quindi, a me la vecchia sigla va benissimo, la questione è cosa ci mettiamo dentro». Non sembra così contento di tornare sotto le vecchie insegne… «Non è un problema di sigle, ma di contenuti. Avendo riletto lo statuto di Forza Italia, ricordo che era un partito a tutti gli effetti, con iscritti, congressi e gruppi dirigenti. Se si torna al progetto del ’94, si deve ripartire da quella ispirazione, combinando una leadership carismatica con un partito democratico. Anche perché, in questo clima di rigetto della politica, fondare un partito verticistico, dove si nominano dall’alto i deputati e gli organismi dirigenti, sarebbe una pura follia». Daniela Santanchè, invece, a Libero ha detto di volere «un partito leggero, dove non ci siano più filtri tra Berlusconi e il suo elettorato». «Non sono d’accordo, non è un partito quello: è un suicidio. La gente ci chiede partecipazione, non verticismo. Un partito che viene gestito da un ristrettissimo gruppo dirigente, che non è sottoposto a nessuna verifica e non lavora in rapporto con la base, va incontro a brutte sorprese». Alla luce dell’abolizione del finanziamento pubblico, la Santanchè propone una semplificazione delle norme per sovvenzionare i partiti e una legge sulle lobby. «A parte il fatto che io reputo auspicabile mantenere, come avviene in tutto il resto d’Europa, almeno una quota di finanziamento pubblico con tutti i controlli possibili e immaginabili (Corte dei Conti compresa), visto che si va verso l’abolizione del finanziamento pubblico, a maggior ragione occorre combinare una forma moderna di foundraising con un tesseramento funzionale alla partecipazione politica. La sigla Forza Italia non può ridursi a una forma filiforme di partito». Ma non è un fallimento tornare a Forza Italia dopo che avete predicato per anni il partito unico di centrodestra? «Chi ha colpito al cuore il Pdl è stato Fini nel 2010». Ma adesso il Cav gli dà il colpo di grazia. «Siccome le scelte fondamentali le fa sempre Berlusconi, non è il tempo di battaglie sui nomi. Quindi, mi sta bene Forza Italia…». Ma fosse dipeso da lei? «Avrei preferito rimanere nello stesso partito con gli ex An, perché una volta che una cosa l’hai costruita, smontarla non è mai indolore. Comunque, ben venga Forza Italia, ma un partito non si fa con un editto scritto su qualche giornale da qualcuno. È indispensabile una riflessione molto profonda e rivendico la più totale libertà di opinione. Dobbiamo lavorare non solo per l'oggi ma anche per le generazioni future, perché possano avere un partito di centrodestra cui partecipare attivamente». E chi sarà il futuro leader di questo partito pensato per i giovani? «Il leader adesso è Berlusconi». Come può pensare di affidare la leadership di un nuovo partito a un ottantenne? «Il carisma lo si può avere a 30, a 50 e anche a 80 anni: ricordiamoci De Gaulle. La leadership di Berlusconi oggi è viva più che mai e, paradossalmente, ancora più accentuata dall’attacco giudiziario che gli viene fatto, mentre il Pd è alla ricerca disperata di un leader». Semmai è il contrario: nel Pd è in corso una lotta tra leader di nuova generazione, Renzi e Letta in testa. Nel Pdl non c’è neanche l’ombra del successore di Berlusconi. «Il Pd ha tanti capicorrente. Berlusconi nel centrodestra allo stato è insostituibile». Dopo il Cav le déluge: non crede sia questo il problema drammatico del centrodestra? «Il problema è il presente, che ci vede impegnati nella battaglia contro la crisi. Per costruire il futuro, ci vuole un partito con assetto democratico: la leadership del domani non può nascere per cooptazione». Come mai finora non ha mai nominato Alfano? «Angelino sta svolgendo benissimo il suo doppio incarico di segretario del Pdl e di ministro dell’Interno, oltre che di vicepremier, e sono convinto che debba conservarlo». Ma non è stato proprio questo a fargli esplodere in mano la grana kazaka, visto che la sera del 28 maggio era alle prese con le beghe di partito mentre la moglie di Ablyazov veniva espulsa? «Un ministro dell’Interno delega, lì quello che non ha funzionato è l’amministrazione del Viminale». Anche Alemanno reclama un premier giovane per il centrodestra quando si tornerà al voto. «Alemanno pensi ai fatti suoi. È paradossale che lui esca dal Pdl perché si fa Forza Italia e poi detti legge sulla premiership. Rimanga con noi e avrà diritto di parola». intervista di Barbara Romano