L'intervista
"Non sono il ministro degli stranierivoglio la legalità proprio come voi»
"Chiariamo subito una cosa: io non sono il ministro degli stranieri e non parlo solo di stranieri". Cécile Kyenge è deputato Pd, ministro per l’Integrazione e (da poco) per le Politiche giovanili. Suo malgrado, però, è già nella storia: è il primo ministro 'nero' ("non dite che sono di colore", chiese ai giornalisti) della Repubblica. Il Pdl ha introdotto il reato di clandestinità, lei ha chiesto di toglierlo. Pensa che il Pdl sia disponibile a ridiscuterlo o che si possa cancellarlo facendo a meno dei voti del Pdl? "Nessuna delle due. Io cerco di affrontare le questioni al di là delle ideologie e delle appartenenze politiche. Ho chiesto che si faccia una valutazione, si analizzino i costi e i benefici. È mio diritto farlo". Non si può dire che abbia curato i rapporti a “destra”, però. Ha proposto l'introduzione dello ius soli: metà Pdl è contrario, la Lega lo è in toto. Beppe Grillo ha detto no. Non ritiene che possa avere più successo una proposta diversa? "In realtà alcuni grillini hanno presentato una proposta di legge più “aperta” di quella che avevo presentato io da deputato: proponevo di concedere la cittadinanza dopo 5 anni di residenza, a loro ne bastano 3. Ci sono oltre 20 proposte sul tema, compreso del Pdl: ius cultura, ius soli temperato...". Cambiano i modelli, ma sempre di quello si tratta, no? "Per niente. Non so perché si pensa che io parli solo di immigrati: non è così. Il decreto sulla filiazione è frutto anche del mio lavoro, mi occupo di adozioni...". Ma poi, alla fine, si parla sempre di cittadinanza. "Quando parlo di cittadinanza sollevo una questione che riguarda milioni di italiani, in Patria e all’estero. Lo sa che ci sono centinaia di donne sposate con stranieri che hanno perso la cittadinanza italiana e la rivogliono? L’Italia riconosce lo ius sanguinis per gli emigrati fino alla settima generazione; altri Paesi europei al massimo alla terza". Il premier inglese David Cameron ammise nel 2011 che il multiculturalismo "aveva incoraggiato culture differenti a vivere vite separate". Di questa “separazione” ci dà prova, anche qui, la cronaca. "Io penso, come molti sociologi, che l’integrazione è un percorso che va accompagnato: ci vogliono spazi di condivisione. Questo problema, ovviamente, non riguarda coloro che sono nati o cresciuti in Italia: vanno a scuola, si interfacciano coi coetanei...". Ma i loro genitori no. Alcune comunità hanno ricreato enclave sul territorio italiano dove, per esempio, vengono calpestati i diritti delle donne, viene imposto l’uso del burqa. Hina e Sanaa sono state uccise dai famigliari perché troppo “occidentalizzate”. Non serve l’imposizione della legge? "Nessuno deve commettere l’errore di pensare che se quella è la loro cultura, allora va tollerata. Se un atteggiamento o un comportamento è contrario alla Costituzione o alla Carta dei diritti umani, non è accettabile. Serve la legge, certo. Ma l’integrazione non può essere solo imposta". Ci sono i matrimoni forzati... "...o le mutilazioni genitali femminili. La Costituzione e la Carta dei diritti umani ci dicono che è una pratica sbagliata, per giunta nociva, e infatti la legge le vieta". Frequentemente le vittime non sono consapevoli dei loro diritti. "Bisogna che tutti possano conoscere le leggi, siano consapevoli". Scusi, ma quando può accadere tutto ciò, se le donne vengono recluse in casa dai mariti? "Le istituzioni devono creare spazi di condivisione. Gli enti locali e le Prefetture hanno anche compiti di mediazione sociale. Molti hanno già avviato tavoli di lavoro". Gli sbarchi sono quasi raddoppiati nei primi mesi dell’anno. La Lega dice che è colpa dei messaggi che si lanciano a sud del Mediterraneo. Tutti i migranti che arrivano clandestinamente vanno accolti? "Il numero degli sbarchi è quasi immutato da dieci anni. C’è stato un picco solo dopo le Primavere arabe: il ministro non ero io e non credo che quella stagione sia stata avviata da “nostri” messaggi....". Alcuni sono richiedenti asilo, altri, semplicemente, clandestini. "Esattamente, il punto è capire il significato e le ragioni della mobilità. Bisogna capire queste ragioni e dare una risposta politica". Chi non dovremmo accogliere? "I richiedenti asilo si recano in Italia perché non possono restare nel loro Paese. È chiaro che io penso dovremmo accoglierli". Poi ci sono gli altri. "La loro situazione è diversa da quella di coloro che vengono in Italia per cercare lavoro". Il suoi predecessori hanno promosso sanatorie. Chi trova un lavoro deve poter restare? "Regolarizzare il lavoro, legalizzarlo è un modo per combattere la microcriminalità. Clandestinità e illegalità la alimentano. Il lavoro è un presidio di legalità". Ma chi viene da clandestino difficilmente trova lavoro. "La lotta all’immigrazione clandestina si fa anche intensificando i rapporti con i Paesi di origine, facendo sì che chi cerca lavoro in Italia abbia informazioni adeguate nel suo Paese e, nel caso, riesca a trovarlo da lì, prima di avventurarsi e partire". Una maggiore prevenzione fermerebbe i barconi? "Tutti pensano che l’immigrazione clandestina sia quella di Lampedusa, ma quella è una piccolissima parte. La maggior parte di coloro che consideriamo clandestini sono entrati in Italia con mezzi “normali” e un visto turistico: nell’impossibilità di un rinnovo entrano in clandestinità". E l’Europa tace. "Dobbiamo rafforzare la nostra presenza politica all’intero dell’Ue, anche in vista del nostro semestre di presidenza. Se un immigrato viene in Italia, la questione non è italiana, ma europea. A Bruxelles ho parlato anche di questo". Pensa che ogni Paese Ue dovrebbe farsi carico di una quota di immigrazione? «Questo no: l’Italia ha percentuali di immigrati più basse degli altri. Bisogna però che a livello continentale si condivida il principio dell’accoglienza e della libera circolazione, che si lasci a ciascun migrante la possibilità di scegliere il Paese dove vuole andare: spesso gli immigrati in Italia hanno destinazioni finali diverse». È giusto il rimpatrio dei clandestini che commettono reati? "Chiunque commetta un reato deve essere sanzionato. Vale anche per i clandestini. Ma rifiuto l’equazione “clandestino” uguale “reato”". Giacomo Stucchi, presidente (leghista) del Copasir, dice che lo ius soli aumenterebbe il rischio-terrorismo: le cellule si annidano tra le seconde generazioni. Che ne pensa? "Non vedo alcuna correlazione". Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, è stato criticato per avere realizzato -con fondi ministeriali - case mobili attrezzate, moderne e climatizzate, per la comunità rom. I rom rifiutano di utilizzarle. Non ravvisa la dimostrazione di una mancata volontà di integrazione? "Io non so quante siano le persone che non hanno voluto queste case. Certamente non è un atteggiamento utile, nè costruttivo. Evidentemente vogliono evidenziare un dissenso, rifiutano una nuova vita". È anche un rifiuto della legalità, però, non crede? "Il degrado non possiamo accettarlo come Paese. Anche perché abbruttisce, rende le persone peggiori. In molti campi rom c’è un sistema legale parallelo, non c’è la legge italiana, ma vige la legge del più forte. Ciò espone i più deboli, specie donne e bambini, all’ingiustizia e alla violenza. Non possiamo restare indifferenti. Sono consapevole che le difficoltà sono molte, ma serve che quelle case vengano utilizzate, anche creando un percorso di accompagnamento. Il Comune saprà affrontare e risolvere il problema". Giovanni Sartori l’ha attaccata sul Corriere della sera, contestandole, tra l’altro, l’espressione “siamo tutti meticci”. Lei non ha risposto. Vi siete chiariti? "No. E francamente non ho niente da dirgli, da rispondere". Dopo le dimissioni di Josefa Idem, ha la delega per le Politiche Giovanili. È un momento drammatico per gli under 30. Che farà? "Il lavoro è appena iniziato: voglio incrementare l’utilizzo di Erasmus, innanzitutto. Ho già rifinanziato il fondo di garanzia per le giovani coppie che creò Giorgia Meloni". A proposito, lei è del Pd, di certo prima d’ora non aveva una grande opinione del centrodestra. Come si trova a lavorare con ministri così diversi da lei? "Molto bene. Non solo sui temi dell’integrazione con Alfano, ma anche con Lupi, per esempio, o il ministro della Difesa Mario Mauro. Le larghe intese sono una opportunità per tutti: bisogna sapere andare al di là degli steccati". intervista di Paolo Emilio Russo