Faida continua

Pd, la guerra tra Bersani e D'Alema che sta affondando il partito

Sebastiano Solano

di Sebastiano Solano Il funerale del Pd è previsto per sabato 11 maggio, quando si terrà l'Assemblea Nazionale del partito. E' questa, al momento, l'unica cosa certa. Le varie correnti di Largo del Nazareno arriverranno all'appuntamento in ordine sparso, con nessun nome condiviso sulla segreteria e nessuna idea sulle funzioni che l'erede di Pierluigi Bersani, eventualmente, dovrà esercitare. Un traghettatore? Un comitato di reggenti? Un segretario vero e proprio? Mistero. Pd in ordine sparso - I papabili sono stati fatti fuori uno dopo l'altro: il dalemiano Gianni Cuperlo è stato impallinato fuori dai bersaniani e, viceversa, su Guglielmo Epifani è calata la mannaia di Massimo D'Alema. Matteo Renzi, dal canto suo, si è tirato fuori, mentre su Anna Finocchiaro c'è il 'niet' della fazione filo-grillina del Pd, da Pippo Civati a Michele Emiliano. Alla fine, forse, dovrebbe spuntarla il capogruppo Roberto Speranza. Tutto risolto, quindi? No, per niente. I "civatiani" reclamano a gran voce il Congresso per giugno, soluzione che Enrico Letta vede come fumo negli occhi: un partito instabile, in assetto da guerra, rischierebbe di tramortire il suo governo. Il premier ha il pieno appoggio di Bersani e quello momentaneo di Renzi, che con invidiabile tempistica si è chiamato fuori da qualsiasi bega di partito: male che vada, è il ragionamento dei suoi, faremo un nostro partito con il nome di Renzi ben stampato sul simbolo.  Lo smacco di Bersani - Ma la vera resa dei conti è quella tra il segretario dimissionario Bersani e Massimo D'Alema. Lo stallo che vige a Largo del Nazareno è frutto di una guerra all'arma bianca tra i due che va avanti da almeno dopo le elezioni. A D'Alema non è andato giù il modo in cui stata gestita tutta la fase post-voto da Bersani: dal flirt con il M5s all'elezione del capo dello Stato. Il nome di D'Alema per il Colle più alto di Roma era uno solo: il suo. Durante la trattativa con i berlusconiani, rivela Repubblica, a Bersani sarebbe stata consegnata una rosa di nomi con dentro il nome, tra gli altri, di Massimo D'Alema. Evidentemente, però, varcato l'uscio Bersani  si è preoccupato di depennarlo dalla lista, presentandosi dal Cav con diversi nomi, escluso appunto quello di D'Alema. La vendetta di D'Alema - La vendetta dell'ex-premier è stata rapida e dolorosissima: è stato lui, con tutta la sua infuenza, a mettere la pistola in mano ai 101 franchi tiratori che hanno affossato Romano Prodi. Insomma, quella all'interno del Pd è, soprattutto, una guerra tutta interna all'area ex-ds. L'uomo più vicino ad Enrico Letta in questo momento è proprio Bersani, che gli ha garantito il massimo appoggio. Beppe Fioroni invece è pronto a salire sulle barricate: la presidenza della Commissione Giustizia alla Camera gli è stata soffiata all'ultimo secondo da Donatella Ferranti e sta meditando vendetta. "Contrariato?", gli avrebbe scritto Letta. E lui: "No, ma sono pronto a contrariare te". Insomma, la guerra continua.