Chi non vuole il governo
Rodotà, Civati, Crimi, CofferatiE' già nato il partito anti-Letta:il peggio si ritrova a convegno
di Brunella Bolloli Li hanno già ribattezzati i «rodotei»: la sinistra del Pd con innesti di Cinquestelle. L’opposizione al governo Letta. I contrari alle larghe intese con il nemico centrodestra. Tutti insieme appassionatamente radunati dal giurista che Grillo avrebbe voluto al posto di Giorgio Napolitano, ieri al teatro Eliseo di Roma. Dunque. C’erano Stefano Rodotà, a fare gli onori di casa al convegno organizzato dalla rivista Left, con pezzi grossi di Sel come Gennaro Migliore e e Giorgio Airaudo, i “ribelli” democratici Pippo Civati, Laura Puppato, il prof Marco Revelli, Rivoluzione civile di Antonio Ingroia o quel che resta, visto che da ieri il movimento è ufficialmente defunto e la pretese di fare la rivoluzione si sono ridotte alla sola Azione civile. Lui, Rodotà, accetta il ruolo di federatore, ma non di presidente della Convenzione per le Riforme: «Non sono assolutamente disponibile, anzi, è un attacco rischiosissimo ai principi costituzionali», ha esordito in una sala piena di esponenti dell’associazionismo e girotondini vari, «ma io sarò uno di quelli che insieme a molti altri faranno un pezzo di strada per ricostruire una cultura politica». Non cita la sinistra. Prova a levare dall’imbarazzo Vito Crimi, capogruppo del M5S, per una etichettatura che potrebbe risultare scomoda ai suoi elettori: «Se vogliamo ricostruire a sinistra non possiamo escludere nessuno», spiega indicando nei parlamentari pentastellati, «una nuova forza parlamentare che ha la voglia di imparare come si fa politica». Migliore ne approfitta per rivolgersi ai «compagni di opposizione del M5S». «Sel cercherà d’instaurare il dialogo», anticipa il vendoliano. «Ma al movimento voglio dire una cosa: forse con un altro confronto post elettorale oggi avremo un altro tipo di governo». Crimi non raccoglie e si limita a ricordare i giorni in cui il Movimento ha chiesto a Rodotà di accettare la candidatura per il Quirinale. «Non ho mai parlato davanti a tanta gente di sinistra», e in sala si è levata qualche fischio. «Il Pd dovrebbe ascoltare di più i propri elettori», ha avvertito il senatore grillino, «e non mi riferisco solo alla questione Colle». Civati ha attaccato duramente il suo partito, ma «siccome in questi giorni volano parole grosse» ha voluto sciogliere ogni dubbio su un suo presunto addio al gruppo dei democrats: «Resto nel Pd», ha dichiarato il neodeputato che da subito aveva fatto da pontiere con gli under 40 del M5S. «A breve ci sarà una fase congressuale, mi auguro di giocare in quella sede una mia partita a tutto campo». Il congresso, appunto. Al Nazareno non si aspetta che questo per ricominciare dopo le ultime batoste. Sempre che non avvenga prima una scissione, di fatto già anticipata dalle mosse di Fabrizio Barca e di Nichi Vendola che a metà maggio daranno via a una Cosa Rossa in cui potrebbero confluire gli scontenti del partito di Bersani, l’ex segretario. Del resto, basta sentire Sergio Cofferati, che dal convegno dei rodotei ha invitato «prima a risolvere i propri problemi». Entusiasta, invece, Ingroia per il quale «il punto di convergenza è l’opposizione al nuovo esecutivo».