Il nuovo governo
Renzi, salgono le quotazioni per Palazzo Chigi
Prende quota il nome di Matteo Renzi come possibile premier. Dopo la mattinata a Palazzo Chigi il sindaco di Firenze, la cui candidatura è stata benedetta dai giovani turchi del Pd, continua a tenere banco. E a crescere nel borsino del toto-governo. Il Pd è spaccato, ma alla fine potrebbe anche compattarsi sul nome di Matteo (non a caso c'è chi, tra i renziani, lo mette in guardia e vede nella possibilità che vada a Palazzo Chigi un trappolone). Insomma, un modo per bruciarlo. Il Pd non farà nomi per la presidenza del Consiglio. Questo l’orientamento a poche ore dalla Direzione e dell’appuntamento al Colle con Giorgio Napolitano. "Non Se facciamo noi un nome, allora anche il Pdl o Scelta Civica sono legittimati a farlo... Ci dobbiamo rimettere tutti alle decisioni di Napolitano". E se il capo dello Stato darà l’incarico a Matteo Renzi? Un deputato renziano, spiega: "Se Napolitano fa il suo nome, Matteo non potrà tirarsi indietro. Ne abbiamo parlato alcuni giorni fa. Io gli ho consigliato di pensarci bene perché andare a palazzo Chigi così, sarebbe rischioso. Il rischio di bruciarsi sarebbe enorme". Insomma, la disponibilità del sindaco di Firenze c'è. Del resto, prosegue il deputato renziano, potrebbe essere una "scelta forte di cambiamento. Un governo che affronta l’emergenza economica, fa alcune riforme istituzionali e che riavvicina i cittadini alle istituzioni. Non credo che Giuliano Amato avrebbe quest’ultima caratteristica. Le consultazioni - C'è da dire che nel giro di consultazioni lampo che il presidente Napolitano ha avviato questa mattina, il nome di Renzi è ricorrente. La Lega, Fratelli D’Italia, PinPisicchio a nome del misto: tutti hanno dato il via libera al sindaco di Firenze dopo i colloqui al Colle. Un ok vero o un tentativo di bruciare la 'promessà del Pd? Un big democratico spiega: "La cosa di Matteo è vera, verissima. Lui non si tirerebbe indietro. Ma bisogna vedere che decide Napolitano...". Intanto ancora prima della Direzione del Pd e di alire al Quirinale, il capogruppo alla Camera Roberto Speranza osserva: "Il nome di Renzi incontra senz'altro il favore del Pd perchè è una personalità di primissimo piano e trova un’assoluta sintonia con la dirigenza del partito". Vertice Pdl - Al vaglio del Cavaliere e dei vertici pidiellini le varie opzioni in campo, a partire da un possibile incarico a Giuliano Amato - ben visto da Berlusconi ma le cui chance nelle ultime ore sarebbero in calo sia per i veti incrociati del Pd che per il niet della Lega - fino all’ipotesi di un esecutivo guidato da un esponente del Pd, come Enrico Letta. Già ieri sera, viene spiegato, l’ex premier e i maggiorenti di via dell’Umiltà hanno analizzato anche l’ipotesi che, dietro proposta del Pd, il Colle possa affidare l’incarico a Matteo Renzi. Nome che non riscontrerebbe i favori condivisi del partito. Il Cavaliere, viene riferito, non avrebbe chiuso la porta a priori, invitando però i suoi alla cautela: è prematuro, attendiamo di capire quali sarebbero le condizioni - è stato il ragionamento in tarda serata - non vorrei fosse l’ennesimo tentativo di una parte del Pd di bruciarè un loro uomo o di sparigliare per andare al voto. Il nome del sindaco di Firenze, per una parte dei vertici pidiellini, potrebbe invece essere quello giusto per sbloccare la situazione di imapsse. Non solo. Per alcuni big di via dell’Umiltà con Renzi a palazzo Chigi e un governo di larghe intese, le chance del giovane rottamatore di sfidare alle urne Berlusconi sarebbero ridotte di molto. Non verrebbe più visto come la novità assoluta, come il rinnovamento che invoca da tempo, è la riflessione. Ma c'è anche chi, nel Pdl, vede questa ipotesi come fumo negli occhi: non è accettabile che appoggiamo un governo guidato da quello che sarà il futuro competitor del Cavaliere. L’unica condizione su cui Berlusconi non è disposto a trattare è la natura del governo: deve essere politico e forte, con una durata temporale non limitata e con un programma che si basi fortemente sugli otto punti del Pdl. Ma, al di là dei nomi, nel partito - come avviene ormai da settimane sin dal giorno dopo del risultato elettorale - si confrontano due linee: quella più 'radicalè dei falchi, più propensi a tornare subito alle urne per sfruttare i sondaggi positivi a favore del partito, e quella 'trattativistà delle colombe, che invece spingono affinchè il Pdl sia azionista di maggioranza di un governo di larghe intese. Berlusconi, per ora, mantiene il punto: lavoriamo per far nascere un governo, ma l’opzione voto resta tra le possibili soluzioni qualora il Pd non riesca a superare le sue difficioltà e ponga veti considerati 'inaccettabilì dal Pdl