Le scelte del Quirinale
Dai saggi di Napolitano fuori falchi e grillini: Pd e Pdl trattano a telecamere spente
di Paolo Emilio Russo Nessuna concessione agli «alieni»: i saggi nominati dal Capo dello Stato sono tutti di questo pianeta, hanno in comune tra di loro una lunga esperienza politica o istituzionale. Più che con l’ «apriscatole» annunciato dai grillini, i neo-padri della Repubblica avranno molto da lavorare di cesello. Il Capo dello Stato ha coinvolto nei due gruppi di lavoro personalità rappresentative di Pd, Pdl e Lista Monti, studiosi difficilmente ascrivibili al mito della «società civile». Nel gruppo che, secondo le intenzioni di Giorgio Napolitano, si dovrà occupare di scrivere proposte programmatiche in materia istituzionale, quello più politico, sono stati cooptati un ex presidente della Camera di provenienza diessina, Luciano Violante, passato alla storia per un discorso di pacificazione - da ex comunista ai combattenti della Repubblica di Salò -, il presidente vicario dei senatori Pdl, Gaetano Quagliariello, l’ex capogruppo Pdl al Parlamento Europeo e ora “teorico” della Lista Monti, Mario Mauro, e il giudice emerito della Corte costituzionale, Valerio Onida. Quest’ultimo, già candidato alle primarie del centrosinistra per il sindaco di Milano, nome digeribile anche per i grillini, si era posizionato bene - sulla rampa di lancio verso un incarico - dichiarandosi soltanto qualche giorno fa contrario alle tesi sull’ «ineleggibilità» di Silvio Berlusconi. Su nessuno di loro il Cavaliere aveva espresso riserve. Progressisti e conservatori, dunque, sono in perfetta parità all’interno dell’organismo. Ciascuna delle componenti, quindi, potrà proporre soluzioni, chiedere che vengano discusse, ed avere diritto di veto. Dentro questa «Camera di compensazione», come chiede l’inquilino del Colle, dovrebbe profilarsi un «programma minimo, condiviso» che costituirà la base sulla quale costruire un nuovo esecutivo sommando i voti di Pd, Pdl e Lista Monti. Dal lavorìo che partirà martedì - e che, in realtà è già in corso - potrebbe uscire anche una indicazione condivisa sull’erede di Giorgio Napolitano al Quirinale, che dovrà essere eletto dal Parlamento riunito entro il prossimo mese. Non è nemmeno escluso che il predestinato a diventare il nuovo presidente di garanzia possa essere uno dei saggi stessi. Una cosa è certa: dopo un mese di corsa allo «streaming» che ha ingessato ogni tipo di trattativa e paralizzato il Paese, ora si cambia registro. Onida l’ha detto chiaro e tondo ieri pomeriggio, poco dopo avere accettato l’incarico: «Se questo strumento del gruppo di lavoro potrà avere una utilità per lo scioglimento dei nodi politici che ci sono, questo lavoro dovrà svolgersi con riservatezza». Con i saggi, dunque, torna la politica che si fa dentro le stanze con le porte insonorizzate, lontano dalle webcam e dai registratori nascosti. Tornerà, soprattutto, il confronto sui contenuti, che potrebbero tradursi in leggi da approvare in Parlamento o decreti del governo in carica. La seconda commissione, quella chiamata a scrivere proposte di legge e decreti in materia economica-sociale ed europea, ha invece una composizione più tecnica. Anche qui, suppergiù, sono rappresentate in maniera paritaria tutte le sensibilità e c’è una forte garanzia istituzionale, quella di Istat e Banca d’Italia. Il presidente della Repubblica ha indicato Enrico Giovannini, presidente dell’Istat, Salvatore Rossi, membro del Direttorio di Bankitalia, e Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Politici puri, invece, sono gli altri tre membri: il deputato leghista (ed esperto di conti) Giancarlo Giorgetti, il senatore democratico Filippo Bubbico, il ministro per gli Affari europei in carica ed ex candidato (trombato) della Lista Scelta Civica, Enzo Moavero Milanesi. Non ci sono donne, circostanza che ha creato qualche protesta bipartisan, sono per nulla rappresentati i democratici di provenienza non comunista o diessina. Sono chiarissimi, invece, i confini politici che il Capo dello Stato ha tracciato: i Cinquestelle sono fuori, così come Sel. Ma, stavolta, il Pd non potrà sfuggire al confronto col Pdl sui contenuti, abbandonarsi, come nell’ultimo ventennio, allo sterile anti-berlusconismo.