Ballottaggio a Palazzo Madama
M5S, prime crepe: al Senato alcuni grillini votano per il Pd
Sono stati momenti di febberili trattative, quelli vissuti a Palazzo Madama in vista del ballottaggio tra Renato Schifani e Pietro Grasso per la presidenza del Senato (vinto dal senatore del Pd). L'incognita riguardava quel che faranno i 19 montiani di "Scelta civica" e i 53 grillini. Il Movimento 5 stelle, in assemblea, ha deciso come votare. L'indirizzo era quello di non esprimere una preferenza né per Schifani né per Grasso. Durante l'assemblea si era appreso che "di certo i senatori del M5S non voteranno Schifani". Una frase che lasciava intendere che fosse possibile una convergenza tra grillini e Pd sul nome di Grasso. Ipotesi però smentita a ridosso del voto, quando il capogruppo del M5S, Vito Crimi, ha spiegato che "non faremo la stampella di nessuno". Ma il punto è che già dopo pochi giorni di politica, alla seconda decisione rilevante che hanno dovuto prendere, i grillini si sono spaccati. Infatti, l'analisi del voto del ballottaggio lascia intuire un travaso di voti dal M5S a Pietro Grasso: i senatori del M5S sono 53, quelli del centrosinistra 123, i montiani 21. Grasso ha ottenuto 137 voti: probabile che quei 14 "voti in più" siano arrivati proprio dai grillini. La spaccatura - Nonostante gli sforzi per cercare di vendere ai media una posizione monolitica, non tutti erano d'accordo con la linea imposta da Crimi prima del decisivo ballottaggio. E a confessarlo, senza patemi, è stato per primo il senatore Luis Alberto Orellana, candidato grillino per la presidenza di Palazzo Madama, che ha spiegato: "Non c'è stata l'unanimità nella decisione del nostro gruppo. Schifani e Grasso - ha proseguito - come persone non sono equivalenti: una è una scelta in continuità con il passato. Mi sono espresso personalmente contro la scelta del collega Schifani". Orellana poi ha ribadito che non c'è stato alcun contatto con Beppe Grillo. "Molti dubbi" - Qui la prima crepa. Confermata da Maurizio Buccarelle, altro senatore cinquestellato, che sul suo profilo Facebook ha scritto: "Stiamo per votare al ballottaggio...e la discussione accesa tenuta nel gruppo non è stata sufficiente a dipanare tutti i dubbi di tutti i quanti". Per inciso, Crimi, aveva spiegato che "non modifichiamo la nostra linea di non intervento in una scelta politica che rappresenterebbe una stampella per questo o quello schieramento in campo. Questo voto non è una semplice sceltra tra una persona e l'altra, ma una scelta di strategia politica per gli schieramenti in campo con cui non ci prestiamo. Sono giochi interni a loro che non interessano". Pepe: "Voto libero" - Ma le parole di Crimi non bastano. I grillini, obbligati a sottostare alla linea del grande capo Grillo, nonostante gli sforzi del capogruppo, cercano di ragionare con la loro testa. E così Barolomeo Pepe, ormai celebre per le sue intemerate pro-Chavez, ha scritto, sempre su Facebook: "Amici. Libertà di voto. Senza contrattazioni e senza trucchi. Borsellino ci chiede un gesto di responsabilità e noi non siamo irresponsabili, finchè siamo qui dentro, a voi la scelta". Rottura in assemblea - Il gesto più eclatante, però, è avvenuto proprio nel corso dell'assemblea del M5S in cui si decideva se sostenere o meno Grasso alla presidenza del Senato. L'assemblea è durata circa due ore: qualche timido applauso, ma soprattutto grida e rumore di pugni sbattuti sul tavolo. Come al solito, i grillini hanno chiesto ai giornalisti di allontanarsi, ma prima che il voto sul sostegno a Grasso iniziasse, Vito Rosario Petrocelli, eletto in Basilicata, ha abbandonato la riunione scuro in volto, senza - ovvio - dire nulla alla stampa.