Sinistra in stallo
Alla Camera Pd spaccato in duemetà partito contro Bersani
All’ora di pranzo mi passa davanti con il suo passo svelto (cammina come stesse sempre per perdere il treno) Dario Franceschini. Va così veloce che non riesco a fermarlo, allora ad alta voce dico a un collega vicino: «Ti presento il prossimo presidente della Camera». Franceschini incespica, a momenti cade. Però si volta e sorride: «Eh, ci sono ancora molte votazioni, calma!». Due ore dopo incontro nuovamente Franceschini mentre sto parlando con Enrico Letta in un corridoio laterale di Montecitorio: «Mi raccomando però, voi di Libero. Riservatemi un trattamento migliore di quello che avete concesso al mio predecessore…». Ah, il predecessore che non viene nominato: già non se lo ricorda più nessuno. Gianfranco Fini. «Perché, Franceschini? Anche lei ha una casa a Montecarlo?»… Risponde Letta: «No, no. Lui no…». Ecco, ieri a Montecitorio l’unico del Pd a credere davvero di essere a un passo da quella poltrona era proprio il diretto interessato, Franceschini. Perché il gruppo che avrebbe dovuto votarlo, il Pd, sembrava una maionese impazzita. Ex popolari che volevano tirare la candidatura di Dario fra le gambe del povero Pier Luigi Bersani. Vendoliani e sinistra Pd che meditavano già nelle prime votazioni lo strappo, minacciando di dare il loro voto al candidato di bandiera del M5s, Roberto Fico. «L’ho sentita dire apertamente», assicurava Emanuele Fiano, «e se avviene una cosa così è davvero gravissimo». Leggi l'articolo integrale di Franco Bechis su Libero in edicola sabato 16 marzo