La mossa

Alfano va da Napolitano: parlerà di giustizia, ma non solo

Nicoletta Orlandi Posti

  di Martino Cervo Questa mattina i vertici del Pdl andranno in visita da Giorgio Napolitano. Come accade spesso, c’è un piano visibile e uno meno visibile della questione. Il primo è il casino della giustizia: il partito, ha detto ieri sera Alfano, intende  porre all’attenzione del capo di Stato «il fatto che vi è in atto il tentativo di ridurre ad azione criminale l’esperienza politica del Pdl». È probabile che le vicende di cronaca, però, non siano sfuggite a un osservatore acuto come l’inquilino del Colle. Qui entra in gioco il piano meno visibile, ma reale. Se è infatti evidente a tutti che l’ingresso nel vivo dei processi a Berlusconi si pone come ostacolo gigantesco a un accordo Pdl-Pd, paradossalmente la recrudescenza delle visite fiscali offre al partito dell’imputato più noto d’Italia una carta pesante al tavolo del Colle, cioè l’unico che conta. È opinione diffusa che Napolitano - ostile al tentativo al buio di Bersani e attento a stanare i «dissidenti» del segretario - userà fino all’ultimo giorno del suo mandato per esperire un tentativo di governo serio. Comunque si chiami (del presidente, di scopo, tecnico), ha bisogno dei voti del Pdl al Senato, e per averli deve offrire qualcosa in cambio. Alfano&C possono, e in un certo senso devono, andare a lamentarsi del trattamento giudiziario del loro leader. Ma la cosa prenderebbe un senso politico soltanto se, a margine, ponessero le condizioni per una bozza di intesa benedetta dal capo dello Stato. Cioè ministeri, posti chiave, punti programmatici irrinunciabili: cose così, politica insomma. Una posizione simile troverebbe in Napolitano orecchie spalancate. Un lamento sui giudici cattivi lasciando il cerino in mano agli altri, al massimo un cenno del capo.