Strategia democratica

Tentazione Bersani: lanciare Grillo premier

Lucia Esposito

di Paolo Emilio Russo Il Pd è all’angolo, il crollo alle urne di Mario Monti ha fatto evaporare tutti i piani di emergenza che, pure, erano pronti da mesi. Non basta per avere una maggioranza il solo Pier Ferdinando Casini, non è sufficiente Mario Monti. Per dare un governo al Paese, come chiedono tra l’altro i partner europei, serve un accordo con il  «nemico». Un accordo con l’unico partner affidabile, cioè Silvio Berlusconi, ragionano dentro il partito, rischia di essere troppo oneroso in termini di voti e consenso. Il Pd, come hanno dimostrato i risultati di lunedì, ha pagato duramente l’appoggio dell’ultimo anno al governo tecnico, non vuole «donare altro sangue». Tantopiù che il centrodestra stavolta non chiede strapuntini, ma una legittimazione democratica, la fine delle ostilità riprese durante la campagna elettorale, e il «consociativismo» allagherebbe ulteriormente lo spazio elettorale del Movimento 5 Stelle. I democratici non possono permetterselo  perché il primo obiettivo, come comunicato candidamente da Stefano Fassina e Andrea Orlando in coincidenza con le prime proiezioni dei risultati, resta «il ritorno alle urne» dopo l’«approvazione di una nuova legge elettorale».  È questa la ragione per cui Massimo D’Alema, Rosy Bindi e gli altri hanno convinto il segretario a ricominciare la campagna elettorale, dare il via alla «riconquista» dei quattro milioni di voti persi e finiti al M5S. Come farlo? Dimostrando che quel voto è sprecato, non può tradursi in azione di governo, cioè nella soluzione dei problemi del Paese. «Il movimento è il primo partito alla Camera, indichiamo Beppe Grillo premier», si è ragionato ieri mattina al Nazareno. Lo ha detto poco dopo, in chiaro, il deputato pd Antonello Giacomelli: «Il Pd dovrebbe assicurare a Napolitano la disponibilità a far nascere con la propria astensione un governo Grillo e valutare i provvedimenti caso per caso, per consentire a quello che gli elettori hanno voluto come leader di avere l’onere del governo e la responsabilità di scelte uscendo dal bunker telematico in cui vive». Giorgio Napolitano difficilmente potrebbe accettare questa offerta che, infatti, è stata rivista al ribasso nelle parole del segretario. Bersani ha proposto il modello siciliano: il Pd governa, il M5S quando vuole vota.  Più facile che il Capo dello Stato cerchi di promuovere un’intesa Pd-Pdl, soprattutto per rassicurare l’Ue, rimasta «orfana» di Mario Monti. Restano forti dubbi,  ma, come sottolinea il deputato pd Francesco Boccia, «ci sono alcune cose necessarie», che non si possono fare con il partito del comico. Per questa ragione, ammette l’economista, «bisogna fare  due manovre economiche condivise da tutti per dare un assetto al Paese e ritornare al voto fra 12 o 24 mesi».