Il premier all'angolo

La mossa disperata di Renzi: all'ultimo secondo cambia la legge (per non andare a casa)

Andrea Tempestini

Anche in queste ore, tra gli ultimi appelli contro e pro trivelle, Matteo Renzi ha in mente solo una scadenza: il referendum costituzionale in autunno. Tutto il resto, il quesito su cui si vota oggi e persino le elezioni amministrative, li vede come passaggi più o meno complicati, ma gestibili. Per quanto riguarda il referendum di oggi, a Palazzo Chigi sono convinti che il quorum non sarà raggiunto. La partita, si dice, si giocherà sulla percentuale della partecipazione. I fautori del “sì” hanno posto l’asticella sul 40%. Se si raggiungerà, diranno che è un successo. «Dieci punti in meno del quorum», si nota tra i fedelissimi del premier. Ma tant’è. Più l’affluenza si avvicinerà al 40%, più benzina avranno gli avversari del governo, più si avvicinerà al 30%, meno ne avranno. In ogni caso, l’eventualità che il referendum sia valido è ritenuta remota. Per quanto riguarda le Amministrative, negli ultimi giorni c’è grande preoccupazione, tra i colloboratori del premier, per Milano: la forbice tra Beppe Sala e Stefano Parisi diminuisce ogni giorno, ieri un sondaggio di Nando Pagnoncelli fissava la distanza a poco più di un punto (38,1% contro 37,1%). Ma la corsa è ancora lunga. E comunque, si dice, se si arriva al ballottaggio, poi è un’altra partita. Resta la sfida delle sfide: il referendum costituzionale. Il punto è che Renzi deve arrivarci bene, non con l’acqua alla gola di una ripresa anemica e di inchieste vaganti. Per questo ha immaginato due step. Fondati su una regola aurea: gli elettori votano con il portafoglio. La parola d’ordine è valorizzare l’azione del governo nel tagliare le tasse. Il primo passaggio, come ha anticipato ieri al Qn, sarà celebrare il 16 giugno l’abolizione della tassa sulla prima casa: «Il 16 giugno in mille piazze d’Italia il Pd organizzerà la Festa dell’Imu», ha detto. Idea che ricorda il No Tax Day berlusconiano, lanciato nel novembre 2014. Ma Renzi non se ne cura, anzi. Ha sempre teorizzato che per vincere bisogna andare oltre il recinto della sinistra. E questo è tanto più vero in una consultazione come il referendum costituzionale, dove contro di lui si coalizzerà un fronte molto ampio. Certo, si ammette tra i suoi, non è casuale il fatto che il 16 giugno sia tre giorni prima dei ballottaggi. Se ora Renzi si tiene alla larga dalle Amministrative, è probabile che dopo il primo turno dia una mano ai candidati del Pd impegnati nel secondo turno. Soprattutto a Roma o a Milano. «A quel punto l’alternativa sarà Renzi contro Grillo o Renzi contro Berlusconi», si dice tra i suoi. La festa dell’Imu, però, è solo una trovata comunicativa. La “ciccia” sarà un provvedimento fiscale che riguardi le famiglie. Sulla falsariga degli 80 euro, che non a caso vennero annunciati poco prima delle elezioni europee. Quelle nelle quali il Pd raggiunse il record del 40%. Anche di questo ha parlato ieri al Qn, dopo averne accennato nell’ultima e-news: «Pensavamo di intervenire sull’Ires nel 2017 e sulle famiglie nel 2018, ma tutti, anche gli imprenditori, mi dicono che è urgente mettere più soldi nelle mani delle famiglie». Il cronoprogramma prevedeva nel 2016 la cancellazione della Tasi e dell’Imu agricola, nel 2017 il taglio dell’Ires (dal 27,5% al 24%), nel 2018 un intervento sull’Irpef. L’idea è di anticipare all’anno prossimo, quindi inserendolo nella legge di stabilità che si voterà alla fine di quest’anno, una misura che incida sul reddito delle famiglie. Si stanno studiando varie ipotesi. Una è di anticipare l’intervento sulle aliquote Irpef, quello previsto per il 2018. Un’altra è di lavorare sulle detrazioni fisacli e sugli assegni familiari, quindi sulla parte imponibile del reddito. Questa via ha il vantaggio che potrebbe essere anticipata rispetto alla legge di stabilità. Si potrebbe sfruttare, si dice, il lavoro che si sta facendo nella delega fiscale e in quella contro la povertà sul riordino delle tax expenditures, ossia la montagna di detrazioni fiscali arrivate a 799 per oltre 300 miliardi. Renzi vuole annunciare questa misura già a giugno. Per inserirla, successivamente, in un decreto o nella legge di stabilità. Del resto, che sia questa la ricetta, lo dicono ormai tutti. «Se si vuole stimolare la domanda e i consumi», spiegano i suoi collaboratori, «bisogna mettere soldi nelle tasche degli italiani, ce lo chiedono anche gli imprenditori». Con quale formula è un affare che dovranno definire Nannicini e i tecnici del Mef. di Elisa Calessi