Intervista a Libero

Massimo Parisi (Ala): "Tutta la verità su Verdini e Berlusconi, Renzi e i 5 Stelle"

Giulio Bucchi

Onorevole Massimo Parisi, come l’ha presa Silvio Berlusconi? Ha gradito le anticipazioni del suo libro sui «segreti» del Patto del Nazareno? «Da quello che mi dicono no. Non credo l’abbia presa bene». Fiorentino come il premier, il deputato eletto col Pdl, da sempre dell’inner circle di Denis Verdini, è oggi un esponente di Ala ed ha dato alle stampe un volume pieno di carte riservate. Il patto del Nazareno, edito da Rubettino, rivela il contenuto dei “report” che l’ex braccio destro del Cavaliere, già coordinatore Pdl, recapitava sistematicamente all’ex premier e, con esso, qualche “segreto” della Terza Repubblica. Il Patto è morto da un po’. Quell’accordo è stato sostituito da nuove e diverse forme di consultazione tra il Cavaliere e il premier?   «Non mi risulta. So bene che c’è una letteratura, a destra come a sinistra, che ha necessità di propagandare l’idea che in fondo la rottura non c’è mai stata. Ma non è assolutamente così, è una pessima sceneggiatura. Poi è chiaro che uno, Renzi, fa il premier, e l’altro, Berlusconi, è ancora il presidente di un partito in Parlamento. Non ci sarebbe niente di strano se ci fossero forme di consultazione. Ma il patto del Nazareno è morto e sepolto, glielo garantisco».  Emerge dalle sue carte che Berlusconi voleva Giuliano Amato, Renzi invece Sergio Mattarella. Quali altri nomi sono stati in corsa per il Quirinale?  «Renzi fino alla fine si è guardato bene dal fare nomi. Sul Quirinale Berlusconi, che ha definito Mattarella “persona stimata”, ha colto la palla al balzo, per rompere un patto che non sentiva più suo. È questa la tesi del libro».   Qualcuno sospetta che la la rottura Verdini-Berlusconi sia una finzione, che, in realtà, sia un “divorzio” consensuale. È così?   «No, è stata una rottura vera sul piano politico e molto sofferta. Poi, personalmente, credo si rispettino e Verdini continua a pensare che Berlusconi sia stato un genio della politica. Nel libro c’è un abbondante documentazione che certifica le ragioni di una rottura che è tutta politica. E il paradosso è che nonostante da Fi siano andati via sia i sostenitori della linea delle riforme (i deputati di Ala guidati da Verdini e di cui fa parte anche Parisi, ndr), sia i più fieri avversari del Patto del Nazareno, cioè i fittiani, in Forza Italia i problemi non sono affatto finiti. Forse ogni tanto la politica fa i conti con noi, se noi non li facciamo con lei».  Eppure, stando a quanto scrive, Verdini non aveva un giudizio positivo su Renzi e la sua squadra. «Il libro è la storia di un anno e mezzo di politica e le cose vanno contestualizzate. Quando Verdini scrive il report che lei cita, dà giudizi su persone di cui al momento ha solo qualche informazione pubblica. E lo fa, probabilmente, perché Berlusconi è attratto dall’operazione di Renzi e dal ringiovanimento della sua segreteria. Col tempo avrà cambiato idea: chiedetelo a lui».   Oggi siete decisivi per le sorti del governo. Il leader Pd vi offrirà qualche posto nelle Commissioni o nell’esecutivo?   «Non ci interessa. Ci interessa portare avanti le riforme. Siamo alla vigilia, dopo quasi 70 anni, di un cambiamento epocale. Modifichiamo la Costituzione, aboliamo il bicameralismo paritario, diventiamo uno dei Paesi più virtuosi d’Europa dal punto di vista del numero dei parlamentari: dovremmo rinunciarci per un “antirenzismo a prescindere” dopo aver subito i danni di 20 anni di antiberlusconismo»?   Ala oggi è in una “terra di nessuno”, né sinistra né destra: sarete candidati con il Partito della Nazione di Renzi?   «Mi pare che altri siano in una “terra di nessuno”. Personalmente non mi pongo il problema di dove sarò candidato. Il Partito della Nazione è un esercizio di futurologia politica che oggi ha poco senso. Noi ci applichiamo al presente: abbiamo due anni di lavoro da fare in Parlamento e vogliamo farlo bene, poi vedremo».  Alle Amministrative di giugno una scelta dovrete farla: chi sosterrete a Roma? Marchini o Meloni?   «Non siamo ancora un partito strutturato ed è presto per dirlo. Io poi sono fortunato: a Firenze si è votato un anno fa. Decideremo quando sarà il momento con gli amici di Roma».  Se il centrodestra dovesse tornare unito e presentarsi sotto un’unica insegna voi cosa farete? Dentro o fuori?  «Sull’onda della manifestazione di Bologna non credo ci sarà un accordo Berlusconi-Salvini, ma Salvini-Berlusconi e la cosa non ci interessa affatto. Almeno per quanto mi riguarda non sono mai stato né lepenista né leghista».   Sui giudici della Corte Costituzionale e sulle unioni civili il premier si è “appoggiato” al Movimento 5 Stelle. Non teme che finirà per sostituirvi?   «Non ci può sostituire perché noi non siamo in maggioranza. E sui giudici della Corte, mi pare che un qualche ruolo lo abbiamo esercitato. Questa legislatura è nata senza una maggioranza definita in Parlamento e l’uso di maggioranze variabili, per quanto possa apparire spregiudicato, è in qualche modo fisiologico. Poi su qualche argomento, come i temi etici, sarà anche normale che ai parlamentari venga lasciata libertà di coscienza». di Enrico Paoli