Svenduti e mazziati
Ue, Monti fregato ancora: più soldi alla Merkel
di Franco Bechis A novembre 2012 la Commissione europea aveva presentato un bilancio di previsione 2014-2020 che avrebbe potuto essere una stangata fiscale per l’Italia, con il rischio di un aumento del già ricco contributo che ogni anno svena le casse dello Stato italiano. Certo, insieme all’aumento fiscale ci sarebbe stata una torta di fondi europei più ricca e se l’Italia fosse stata brava (e non è mai accaduto), ne avrebbe preso una bella parte, risistemando un po’ i conti. Quella proposta però non è passata, perché al consiglio europeo del 7 e dell’8 febbraio Germania e Inghilterra hanno detto di no. Così la torta da dividersi si è ridotta, e la stangata pure. Mario Monti che era lì se l’è venduta come un grande successo personale, anche se l’Italia non ha avuto particolarmente ruolo nelle decisioni finali. Lo ha avuto su un solo aspetto: nelle intenzioni degli altri Paesi c’era una netta spoliazione dei fondi europei per lo sviluppo e per l’agricoltura di cui l’Italia avrebbe avuto bisogno. La spoliazione alla fine c’è stata, ma minore del previsto. È un po’ come se Monti si fosse presentato alla cena europea apprendendo a tavola che avrebbe dovuto consegnare agli altri il frac, le mutande e perfino i calzini. Quando è uscito di lì ha sventolato trionfante i calzini: «Vittoria, questi me li hanno lasciati tenere». L’immagine è un po’ rude, ma rende abbastanza quello che è accaduto. Che l’Italia nella discussione del bilancio Ue finisca sempre in mutande, è tradizione di lunga data. Avere conservato quei calzini non è quindi successo particolare, anche se lo staff del premier in piena campagna elettorale ha provato a specularci sopra e gran parte della stampa nazionale se l’è bevuta. Eppure basta guardare le cifre. Buchi variabili - Monti ha sostenuto di avere fatto guadagnare all’Italia 650 milioni all’anno. Secondo le sue cifre Roma ci rimetteva tradizionalmente fra dare e avere con Bruxelles 4,5 miliardi di euro l’anno. D’ora in avanti il buco sarà più lieve: 3,85 miliardi di euro l’anno. Un successo che secondo Monti si spiegherebbe con il fatto che l’Italia paga meno di prima e ottiene di più. Le cifre sono state fornite in grande libertà. È vero che ogni anno l’Italia versa alla Ue più di quanto non riceva in cambio, e che quindi ci perde sempre (si dice che è «contribuente netto»). Ma non c’è una perdita annuale standard, perché ogni anno è diversa ed assai lontana dalle cifre fornite da Monti. Nel 2011 l’Italia ha perso nel rapporto con la Ue 7,5 miliardi di euro (quanto versato in più di quello ricevuto). Nel 2012 il buco noto è di quasi 5,4 miliardi di euro in nove mesi (dati della Ragioneria generale dello Stato): nel primo trimestre ha perso 2,067 miliardi di euro, nel secondo 1,64 miliardi di euro e nel terzo 1,67 miliardi di euro. Cifre assai lontane da quei 4,5 miliardi di euro citati da Monti. Perché? Semplice. I piani pluriennali di finanziamento al bilancio Ue si basano sui dati macroeconomici dei vari Paesi dell’anno precedente al piano: quello 2007-2012 si basava sui dati 2006, e il prossimo sui dati 2012. Poi però le cifre cambiano secondo l’andamento dell’economia reale. Come viene finanziato il bilancio della Ue? In tre modi. Il primo è attraverso una percentuale fissa (lo 0,73%) di quello che viene chiamato Rnl (reddito nazionale lordo) di ciascun paese, che è di fatto il Pil. È la quota principale di finanziamento. A questa si aggiunge una quota che è variata negli anni (all’inizio era 1%) e che dal 2004 è dello 0,50% degli incassi Iva di ciascun Paese. Il terzo canale di finanziamento, quasi trascurabile, è rappresentato dai dazi Ue su alcuni prodotti i cui mercati sono protetti o assistiti. Favori ai nordici - Nessuna di queste regole al momento è cambiata. Le percentuali di ciascun Paese sono restate identiche dopo il consiglio Ue del 7 e dell’8 febbraio. Quasi per tutti: l’Italia pagherà in percentuale come prima (in valore assoluto meno, perché il Pil è sceso e l’Iva pure più che in altri paesi Ue), il regalo vero non l’ha ottenuto Monti, ma Angela Merkel insieme a pochi Paesi nordici. Nel comunicato finale del consiglio europeo si spiega infatti che «limitatamente al periodo 2014-2020» invece dello 0,50% che paga l’Italia o la Francia «l’aliquota di prelievo della risorsa propria basata sull’Iva per la Germania, i Paesi Bassi e la Svezia è fissata allo 0,15%». Uno sconto che per la Germania vale circa 2 miliardi di euro. Per la Gran Bretagna sono stati confermati gli sconti precedenti (che valgono circa 3 miliardi di euro). Poi è stato concesso un altro sconto, sulla quota legata allo 0,73% del reddito nazionale lordo (Rnl). Ecco cosa dice il comunicato: «La Danimarca, i Paesi Bassi e la Svezia beneficeranno di riduzioni lorde del proprio contributo Rnl annuo pari rispettivamente a 130 milioni, 695 milioni e 185 milioni di euro. L’Austria beneficerà di una riduzione lorda del proprio contributo Rnl annuo pari a 30 milioni di euro nel 2014, a 20 milioni di euro nel 2015 e a 10 milioni di euro nel 2016». L’Italia non viene nemmeno citata, perché resta tutto come prima. Cambieranno le aliquote attuali per tutti gli altri? Probabilmente sì, ma come a Libero conferma un alto funzionario Ue, al momento è impossibile sapere di quanto, perché i calcoli debbono ancora tutti essere fatti. Perché una verità c’è: l’Europa per la prima volta ha tagliato il proprio budget di investimenti, e quindi la torta da finanziare è ridotta del 3%, una cifra superiore alla caduta del Pil nel 2012. Il consiglio Ue ha ridotto di molto la proposta della commissione, che ammontava a 1.023 miliardi di euro spendibili ora diventati 908,4 miliardi. C’è tempo tutto il 2013 per fare i calcoli su come ottenere quella cifra, e capire se c’è spazio per abbassare lo 0,73% del Rnl (difficile) o lo 0,50% dell’Iva (più probabile, anche perché in prospettiva dovrebbe essere assorbita dai proventi della Tobin tax). Oltre a questo bisognerà vedere come vanno i Pil dei vari paesi. Se quello dell’Italia crescerà, pagherà di più e otterrà in cambio sempre la stessa somma. Cambia qualcosa per l’Italia rispetto a quanto avveniva in precedenza? «No», risponde certo il funzionario, «percentualmente l’Italia resta contributore netto della Ue con la stessa quota di prima». Tutto il resto è propaganda elettorale. Anche i calzini sventolati da Monti…