L'analisi
Elezioni Regionali, 13 "verdetti" dalle elezioni
I 13 verdetti di queste elezioni: 1) Renzi ha perso queste elezioni perché il Pd rispetto alle Europee perde voti in tutte le Regioni (in Umbria, Veneto, Marche, Liguria, Toscana perde il 10% e più dei consensi) e vince solo in Campania e Puglia, dove presentava candidati di forte personalità e non riconducibili al premier. A salvarlo di fatto è l’impresentabile De Luca, che porta il punto decisivo della vittoria. 2) Tramonta definitivamente il progetto renziano di un partito della Nazione: il Pd non riesce a rubare i voti dei moderati e il suo tentativo di conquistare gli elettori di Berlusconi lo porta a perdere consensi a sinistra a vantaggio di Sel e di Cinquestelle. 3) Il centrodestra è vivo e quando è unito, come in Liguria e Veneto, fa molto male. 4) La Lega è ormai oggettivamente più forte di Forza Italia e questo pone una questione di leadership che andrà risolta da qui a due anni. Ma non è detto che per forza vi debba essere uno scontro. Salvini dice di voler diventare uomo di governo e ci sono margini per un accordo con Berlusconi. 5) L’equivoco della Moretti politica di successo finisce qui. Ladylike rimedia una sconfitta personale dove perfino la candidatura del leghista Tosi finisce per levare voti a lei anziché a Zaia. E’ probabile oltre che auspicabile che la sua parabola finisca qui. 6) Tosi e Fitto hanno perso la loro battaglia personale. Il Veneto ha fatto un disastro: non ha tolto a Zaia abbastanza voti per diventare decisivo per formare il governo regionale. Meglio il pugliese, che supera di molto il candidato di Forza Italia ma è solo terza forza nella sua Regione. Segno che il suo progetto nazionale è destinato al fallimento. 7) La sinistra Pd se ritrova coraggio può dare battaglia a Renzi come vorrebbe D’Alema e far molto male al premier. La (possibile) lezione della Liguria pone Matteo davanti a una scelta: continuare a fare lo schiacciasassi e scommettere tutto sulla ripresa e la fine di Berlusconi o innestare una retromarcia tipo riforma della scuola e tornare a Canossa dai rottamati. 8) Le roccaforti rosse non esistono più. L’Umbria ribadisce di non essere renziana e conferma il messaggio negativo che già venne l’anno scorso da Perugia, dove un giovane avvocato sconosciuto di Forza Italia è riuscito a farsi eleggere sindaco. 9) La vittoria numerica renziana è destinata a ridimensionarsi fin da domani perché la Severino impone al premier di sospendere l'impresentabile De Luca. Renzi si è giocato la faccia per candidarlo ma sarebbe un errore enorme perseverare inventandosi leggine e cavilli per non farlo decadere. 10) Il bipartitismo in Italia non esiste e forse non esisterà mai. Il panorama politico si conferma, a distanza di due anni dalle Politiche del 2013, tripolare: Pd, centrodestra e Grillo. Forse Renzi sarà contento di avere due avversari anziché uno ma l’Italiacum e il ballottaggio a cui il Pd sembra condannato possono riservare delle sorprese amarissime a Matteo. 11) Cinquestelle non è una meteora. Si è affrancato dal suo fondatore Grillo e da Casaleggio e questa è stata la mossa decisiva per sopravvivere. I grillini possono davvero diventare il Podemos italiano, cavalcando le battaglie populiste del reddito di cittadinanza e dell’anti-casta. Specie se, come sembra, Renzi non riuscirà a risolvere i problemi economici del Paese. 12) Alfano da solo non ha speranze di sopravvivenza. 13) Ha vinto l’astensione, quindi alla fine hanno perso tutti: la classe politica viene bocciata. Gli italiani non sono soddisfatti dell’anno di governo del premier, che ha sbagliato con pensionati, imprenditori, partite Iva, professori, disoccupati, dirigenti pubblici, liberi professionisti, proprietari di case, famiglie. di Pietro Senaldi @PSenaldi