I dissidenti

Toto-Colle, Forza Italia spaccata. Raffaele Fitto: "Pronti a sostenere pure un candidato grillino"

Giulio Bucchi

«Pronti a votare il futuro presidente della Repubblica con i grillini e la minoranza Pd, se il candidato del Colle lo decidono a tavolino Berlusconi e Renzi e ce lo comunicano a mezzo stampa». Parola di Saverio Romano, deputato azzurro e braccio destro dell’ex governatore della Puglia, che lancia un ultimo avvertimento al leader di Fi a nome dei fittiani, a pochi giorni dalla convocazione delle Camere in seduta comune per l’elezione del Capo dello Stato. «Noi vogliamo muoverci dentro la logica di partito», assicura Romano a Libero, che dice «no a sgambetti. Ma le decisioni vanno discusse e prese all’interno del partito», sottolinea, «altrimenti scegliamo il candidato che ci piace di più. Avevamo scelto una linea sulla legge elettorale, che era quella del premio di maggioranza alla coalizione. Abbiamo appreso dai giornali che è cambiato tutto. Non si fa così», protesta Romano. A sentire lui, i fittiani non ce l’hanno un cavallo per la corsa al Colle. Ma un profilo, sì: «Deve essere un presidente garante dell’unità nazionale, che intervenga il meno possibile nella politica, ma tuteli bene la Costituzione». La priorità dei nemici azzurri del Nazareno, come per gli antinazareniani del Pd, è che la linea di Fi sul Quirinale venga decisa all’interno del partito prima che Berlusconi riveda Renzi, martedì prossimo. L’ex premier e quello che lui considera oggi il suo peggior nemico, si sono sentiti l’ultima volta al telefono giovedì, prima della conferenza stampa di Fitto. Che ieri ha deciso di volare alto e ha evitato di sparare di nuovo sul suo (ex?) leader, preferendo applaudire al presidente della Bce: «Occorre dare atto a Draghi di essersi speso con determinazione nonostante mesi di freni da parte tedesca, ma restano le incognite per l’economia reale». Nel frattempo però è partita la contraerea berlusconiana in difesa del Cav contro gli attacchi sferrati il giorno prima dal capo dei dissidenti azzurri: «È fuori luogo accusare Berlusconi di aver fatto perdere voti a Fi, quando il motivo del calo di consensi è quasi tutto da addebitare a coloro che non perdono occasione per marcare pubblicamente le differenze», contrattacca Luca D’Alessandro. A giudicare dai toni, è difficile che la frattura che lacera da mesi Fi si ricomponga entro il 29 gennaio. «Dipende da come si muove il partito», chiosa sibillino Romano, che mercoledì ha incontrato Berlusconi, «la mia sensazione è che si stia fidando troppo di Renzi senza avere nessuna carta in mano. Se avesse portato a casa un candidato di centrodestra al Colle, chapeau!». Ipotesi dell’irrealtà. «È proprio per questo che ci siamo ribellati», s’infiamma Romano, «perché ci pare una trattativa a senso unico. Abbiamo ceduto a Renzi, finendo con il subirne i diktat e abdicando ai suoi desiderata, senza un confronto interno al partito». L’elezione del Capo dello Stato per i fittiani sarà «il banco di prova per recuperare la nostra dignità politica, se si vuole evitare che il partito si disunisca ancora di più», sottolinea Romano. Che non smentisce affatto la voce che circola a Montecitorio, di un asse in costruzione tra fittiani, minoranza Pd e M5S per sostenere la candidatura di Prodi. Anzi: «Gli assi si trovano in Parlamento sulle convergenze possibili. Se c’è un nome che piace a noi e anche ai grillini, perché non votarlo?». Romano fa capire chiaramente che questo scenario è tutt’altro che lunare e scandaloso: «Al contrario, vorrebbe dire che c’è davvero un candidato bipartisan». E il nuovo slogan fittiano scandito da Romano recita così: «Il problema non è con chi si vota, ma chi». Intanto, Antonio Martino, candidato di bandiera di Fi per il Quirinale, fa sapere: «Se fossi eletto presidente della Repubblica mi dimetterei subito». di Barbara Romano