Toto colle
Una donna pd al Colle Finocchiaro in discesa spunta la Garavaglia
Ora che Giorgio Napolitano ha annunciato le dimissioni, si comincia a fare sul serio. Parte la caccia al suo successore. Anche se, assicurano i fedelissimi di Matteo Renzi, il premier ha già chiaro in testa il nome del nuovo Presidente della Repubblica. A Montecitorio si riparte con la legge elettorale. Poi il presidente della Camera Laura Boldrini potrà inserire in calendario le riunioni in seduta comune per l’elezione del nuovo Capo dello Stato. L’Italicum sarà il banco di prova del patto tra Partito democratico e Forza Italia. Se tiene l’asse sulle nuove regole di voto, allora l’elezione del successore di Re Giorgio troverà una base parlamentare già consolitata e pronta. Ma Renzi vuole provare a coinvolgere nella partita il numero più ampio possibile di forze politiche. Compreso il Movimento 5 Stelle. L’obiettivo è quello di allargare il più possibile il perimetro della maggioranza per anestetizzare l’impatto dei franchi tiratori. Chiaramente, il primo antidoto contro la dispersione dei voti, specie nel Partito democratico, è la scelta di un candidato che possa stare bene a tutti. Allo scopo Renzi sta vagliando curricula da sottoporre alle varie anime del suo partito e agli altri partner. Il Pd, disponendo del maggior numero di grandi elettori, ritiene di essere in diritto di indicare il nome del candidato. Imprimatur che Silvio Berlusconi in un primo momento aveva criticato, ma che ora non contesta più. Purché si tratti di un esponente della sinistra moderata. Un garantista, non un manettaro. Il Nuovo centrodestra ha una posizione diversa. Chiede che, dopo Ciampi e Napolitano, al Colle vada ad accomodarsi «un cattolico», secondo il rito dell’alternanza appartenuto alla prima Repubblica. Angelino Alfano e i suoi spingono perché Forza Italia faccia causa comune con Ncd, in una sorta di alleanza tra ex contro lo strapotere renziano. In realtà una rappresentanza cattolica è presente anche nel Pd e non è una retrovia. Lo stesso Renzi proviene dalla Margherita, il movimento che nacque dalle ceneri del Partito popolare, a sua volta discendente della Democrazia cristiana. Ci sono almeno due generazioni di classe dirigente “targata Dc” in cui andare a pescare. Il giudice costituzionale Sergio Mattarella, per esempio, risponde a questa descrizione. Ma anche altri, come i ministri Dario Franceschini e Paolo Gentiloni. Tutti figli della “Balena bianca”. C’è tuttavia un dettaglio non secondario. Renzi, più che kingmaker, vorrebbe essere il primo queenmaker della storia repubblicana. Ci tiene a che il prossimo settennato sia in rosa. Per cui sulla modulazione di frequenza di Radio Transatlantico ora corre un nome nuovo: Mariapia Garavaglia. Un curriculum di gran pregio, il suo: parlamentare di lungo corso, ministro della Sanità, vice sindaco di Roma, presidente nazionale della Croce rossa italiana. Soprattutto, una rete di rapporti che vanno da Gianni Letta a Pier Ferdinando Casini, da Walter Veltroni a Matteo Renzi. I bookmaker di Palazzo danno lei in pole sulle altre candidature femminili. In discesa Anna Finocchiaro. E non per colpe imputabili a lei: nella valutazione della sua candidatura pesa il processo a carico del marito per abuso d’ufficio e truffa. Poi, certo, i detrattori del presidente della Commissione affari costituzionali sono anche pronti a ritirare fuori quelle foto (pubblicate da Chi) che ritraggono gli agenti della sua scorta “utilizzati” per spingere il carrello all’Ikea. Rimane in corsa, invece, la candidatura del ministro della Difesa Roberta Pinotti. Se non dovesse riuscire l’operazione in rosa, gli altri nomi che girano sono già noti. Rimangono stabili le quotazione di Romano Prodi. Il presidente della Federazione russa Vladimir Putin ha sentito al telefono Berlusconi per gli auguri. Ed è possibile che abbia nuovamente perorato la causa dell’altro suo amico italiano. Silvio nei prossimi giorni vedrà Renzi per discutere di legge elettorale e Quirinale. Ed è possibile che sul tavolo finisca di nuovo il Mortadella. In ascesa c’è anche il nome di un ministro del governo Prodi, e cioè Franco Bassanini. Walter Veltroni, che pure fece parte di quell’esecutivo, paga il coinvolgimento del suo ex collaboratore Luca Odevaine nello scandalo Mafia capitale. Altri nomi che circolano sono quelli del sindaco di Torino Piero Fassino, dell’ex premier Giuliano Amato, del ministro dell’Economia Piercarlo Padoan, del presidente del Senato Pietro Grasso e dei sue ex segretari del Partito democratico Guglielmo Epifani e Pierluigi Bersani. Tra queste candidature solo quella di Padoan sembra scaldare il cuore di Renzi. Il premier continua a considerare come strategico l’asse con Forza Italia. Ma se Berlusconi avesse difficoltà nel tenere a bada il suo partito, ecco pronto il piano B. Ovvero il coinvolgimento, nell’elezione del Presidente della Repubblica, del Movimento 5 Stelle. Ma per rendere possibile l’aggancio dei grillini, ci vogliono nomi che spiazzino. Come il maestro Riccardo Muti. di Salvatore Dama twitter@salvatuitter