Sindaco condannato
Luigi De Magistris, il Masaniello che ha tradito Napoli
Era il nostro Masaniello, quello che con la bandana arancione e le gocce di sudore sulla fronte di chi si dà molto da fare, aveva promesso che avrebbe “scassato” Napoli e l’avrebbe ricostruita. Dopo che il rinascimento bassoliniano aveva mostrato la sua faccia più putrida (tonnellate di monnezza che rimbalzavano nelle tv di tutto il mondo), dopo il mesto regno di Rosa Russo Jervolino e della sua giunta di “sfrantummati”, era arrivato lui. Giovane, bello, magistrato, fuori dal Pd, fuori da Forza Italia. Lontano dalla farsa delle primarie del Pd in cui erano stati chiamati a votare compatti battaglioni di cinesi, così diverso dal compassato e troppo discusso Gianni Lettieri, candidato di Forza Italia. Per i napoletani era la faccia della legalità, la voce della giustizia. Serviva la rivoluzione, lui diceva di volerne fare una di colore arancione e i napoletani ci hanno creduto. L'imbroglio - Perché siamo alla ricerca di Masaniello, di capipopolo che indicano la strada e arringano la folla. E così gente esultava quando lui, appena diventato sindaco con la camicia bianca aperta sul petto e le maniche svoltate sul gomito, galvanizzato dal quel 65% di sì, urlava e si dimenava: “Abbiamo liberato Napoli”. Napoli aveva (ri) trovato il suo Masaniello. Ma i napoletani non avevano capito di essere stati fregati. Se ne sono accorti giorno dopo giorno, quando alla parole non sono seguiti i fatti, quando per strada la spazzatura continuava ad ammucchiarsi, quando restavano imbottigliati nel traffico mentre il loro sindaco girava in bicicletta con il suo sorriso bianco buono per i flash delle foto. Era troppo tardi. Il paradosso nel paradosso - Adesso proprio lui, il pm, ‘o gudice”- come lo chiamano a Napoli - si rivolta contro i suoi ex colleghi. Non vuole dimettersi, nonostante la legge Severino glielo imponga. Dice il contrario di quello che sosteneva quando indossava la toga e credeva di poter cambiare l'Italia a colpi di sentenze. Ma siccome siamo a Napoli, nel paradosso c’è un altro paradosso. Il vice di De Magistris dovrà prendere il suo posto: ma Tommaso Sodano è stato condannato in primo grado per lesioni contro una vigilessa, eppure potrà governare. A lui la legge Severino non si applica perché non è stato eletto. De Magistris è stato spodestato proprio da quella giustizia che era stato il grimaldello per entrare nei cuori dei napoletani. Napoli si ritrova con un sindaco, ex pm, condannato per abuso di ufficio che, violando la legge, vuole restare al suo posto. E i napoletani si sentono come quelli che vanno al mercato, comprano un computer, e poi quando arrivano a casa trovano un mattone nella scatola. Si sentono come chi ha preso un pacco. Ma intanto aspettano un altro Masaniello da acclamare, da adulare e (magari) da mandare a Palazzo San Giacomo.