Semestre italiano in Ue

Europarlamento, il discorso di Matteo Renzi: scorda crisi, immigrazione e disoccupati

Giulio Bucchi

"L'Europa oggi mostrerebbe nel selfie il volto della noia". Matteo Renzi non rinuncia al suo gusto 2.0 e si presenta così a Strasburgo, davanti all'Europarlamento, per inaugurare il semestre di presidenza italiano. "C'è un  passaggio di consegne, dalla Grecia all'Italia", e via citazioni miste dall'antichità: Anchise, Enea, Pericle, il Partenone, il Colosseo. Tutto per sottolineare come "la vera grande sfida del Continente è quella di ritrovare l'anima dell'Europa, ritrovare il senso profondo del nostro stare insieme. Se si tratta solo di unire le burocrazie, all'Italia basta la sua...". Il premier italiano lascia in secondo piano le questioni economico-finanziarie, puntando come al solito sul lato emotivo della questione. "Noi italiani siamo tra quelli che danno di più di quello che prendono, all'Europa. E ne siamo fieri. Ma sono l'esponente del Pd, che ha preso più voti in tutta Europa, e li abbiamo presi dicendo non che la crisi è colpa dell'Europa. Siamo noi a risolvere i nostri problemi, cambiare le istituzioni, fare le riforme. Sappiamo che dobbiamo chiedere a noi la forza di cambiare, per essere credibili". Sogno "Smart Europe" - Cambiamento, dunque, anche per le regole: "Noi le rispettiamo, ma ricordo che abbiamo firmato tutti insieme il Patto per la stabilità e la crescita. E la crescita serve all'Europa, non solo all'Italia". In attesa di conoscere punto per punto il programma "europeo" di Renzi, l'ex sindaco di Firenze punta ancora sugli slogan e su qualche annuncio: "Servizio civile europeo per i nostri ragazzi", per esempio, e ancora digitalizzazione, semplicità delle istituzioni (una "Smart Europe") e unità d'intenti con il Regno Unito, tra i Paesi più euro-scettici della comunità. Morbido su crisi e immigrati - "L'Europa deve tornare ad essere una frontiera. Abbiamo il maggior numero di chilometri di coste rispetto alla propria estensione territoriale. Questo ci pone molti problemi e li conosciamo noi in Italia. Le difficoltà in Libia stanno portando a decine di stragi, a cui faremo fronte grazie all'azione di Frontex Plus e all'aiuto della Commissione", spiega con forse troppo ottimismo il premier, che poi accenna alla questione dei commerci e delle forniture energetiche, troppo frettolosamente. Immigrazione (è di oggi la notizia di altri 70 migranti dispersi nel Canale di Sicilia) e difficoltà del mercato comune avrebbero di certo meritato passaggi più duri e perentori, che non rientrano nelle corde di un premier in apparenza più interessato ad affascinare gli euro-colleghi piuttosto che scuoterli. E magari a non far innervosire più di tanto chi comanda davvero, come la cancelliera tedesca Angela Merkel.  Spot per la Mogherini? - "Se non reagiamo di fronte ad Asia Bibi, in carcere da 4 anni in Pakistan perché cristiana, o a Miriam, o alle ragazze della Primavera araba, allora vuol dire che non ci sono valori europei, non c'è Europa". E sulla crisi in Terra Santa, le linee-guida sono nebulose: "Israele non ha il diritto, ma il dovere di esistere. Il nostro semestre deve confermare che la politica ha una sua dignità. L'Italia non chiede scorciatoie, ma offre la disponibilità a fare la propria parte". Magari con il ministro degli Esteri Federica Mogherini, candidata alla presidenza della Commissione degli Affari esteri. Il discorso di Renzi, che si è ravvivato proprio quando ha citato gli esempi di donne vittime del fanatismo religioso, a tratti è sembrato proprio uno assist (se non uno spot mascherato) per la titolare della Farnesina.  "Generazione Telemaco" - Quindi la chiusura, con un ritorno ad Omero in chiave contemporanea: "Siamo la generazione di Telemaco. All'epoca di Maastricht non ero nemmeno maggiorenne. Ora dobbiamo meritarci quella eredità, dobbiamo conquistarci il frutto dei nostri padri". Detto che "sulla questione economica e finanziaria torneremo, eccome", Renzi conclude "il nostro destino non è solo nella moneta che abbiamo in tasca, ma è nell'assicurare un futuro a questa Europa nel nome di chi è morto per costruirla. di Claudio Brigliadori