Il commento
De' Manzoni: Ma perché Forza Italia resta nel Ppe?
Scusate, ma che ci sta ancora a fare Forza Italia nel Partito popolare europeo di Angela Merkel? La domanda a questo punto si impone. Sono anni che politici, economisti e intellettuali di riferimento del centrodestra denunciano l’atteggiamento intransigente della Germania e della sua cancelliera come causa primaria del perdurare della crisi economica nell’eurozona in generale e in Italia in particolare. La politica deflattiva, le catene che impediscono alla Bce di agire in modo efficace, i tragici errori sul salvataggio della Grecia, l’applicazione ottusa in tempi straordinari di regole pensate in tutt’altro contesto (praticamente un’altra era), il rifiuto degli eurobond, la spregiudicatezza con cui difende un surplus commerciale fuorilegge, l’ormai confessata obbedienza ai banchieri e agli industriali tedeschi che ne condizionano le mosse: sono solo alcuni dei capi di imputazione che gli italiani possono avanzare nei confronti della signora venuta dall’Est. Secondo voi Forza Italia deve uscire dal Ppe? Votate il sondaggio Come se non bastasse, la Merkel è indicata proprio dagli esponenti di Forza Italia (in primis lo stesso Silvio Berlusconi) come uno dei burattinai del «golpe bianco» ai danni del governo del Cavaliere nel 2011. Tutte le testimonianze e i documenti emersi negli ultimi tempi avvalorano l’ipotesi di un complotto che coinvolge governi e centri di potere stranieri, oltre che congiurati italiani. I libri di José Luis Zapatero, Lorenzo Bini Smaghi, Alan Friedman, Giulio Tremonti e Tim Geithner e le ricostruzioni del Financial Times e del Telegraph lasciano poco spazio a chi si ostina a negarlo. All’epoca ballano centinaia di miliardi di euro e uno delle preoccupazioni principali è quanto potrebbero rimetterci le banche, piene di titoli greci tossici: secondo Tremonti, la percentuale di rischio per le tedesche è al 42%, per le francesi al 32%, per le italiane al 5%. Cifre molto verosimili, tant’è vero che per volere dell’asse franco-tedesco, i fondi salva-Stati diventano fondi salva-banche. Però il governo italiano rifiuta di contribuire al salvataggio per il 18% (nostra percentuale di Pil rispetto a quello europeo) e rilancia con il 5%. Scatta l’offensiva, che culmina con quell’atto di guerra che è la vendita improvvisa di una decina di miliardi di titoli italiani da parte della Deutsche Bank: panico, lo spread schizza, Berlusconi cade, Giorgio Napolitano lo sostituisce con Mario Monti (mossa peraltro pronta da tempo e concordata con Berlino) e come primo atto il premier in loden sottoscrive il fondo al 18% senza contropartite. Molte altre cose utili alla Germania e nocive per l’Italia farà poi Monti, non a caso portato in palmo di mano da madame Merkel. E questo, appunto, ci riporta alla domanda iniziale: che ci fa Forza Italia nel Ppe comandato da chi ha tramato contro il suo leader e contro il nostro Paese? Un Ppe il cui front runner per la presidenza della commissione europea è Jean Claude Juncker, «candidato della Merkel» per sua esplicita ammissione, uno dei massimi paladini dell’austerità (ha più volte posto il veto agli eurobond) che per di più si dichiara «imbarazzato» dalla presenza di Silvio Berlusconi nel suo partito. Che cosa ha a che fare il movimento del Cavaliere con lui? Come si fa a chiedere a un elettore il voto per Forza Italia domenica prossima dopo avergli spiegato in tutti i modi che così porta acqua al mulino dei nostri nemici in Europa? Non è forse più opportuno rompere con i popolari e convergere sui conservatori inglesi, con i quali si potrebbe provare a creare un asse in grado di spostare un po’ gli equilibri che ci ingabbiano, facendo magari sponda con gli Stati Uniti presto de-obamizzati? Certo, ci sarebbe un prezzo da pagare: la vittoria di «kapò» Martin Schulz. Mi rendo conto, non il massimo della vita. Il personaggio è più che antipatico ed è ovvio che all’elettore di centrodestra non possa far piacere avere un socialista alla guida della Commissione europea. Però metterebbe in difficoltà la Merkel, che in patria è costretta alla grande coalizione, e forse otterremmo l’effetto collaterale di un allentamento dell’austerità. Bisogna essere pragmatici: siamo proprio sicuri che in questo momento per l’Italia sarebbe peggio Schulz di Juncker? Sinceramente, c’è da dubitarne. di Massimo De' Manzoni