Pd, i contributi di Renzi al partito

Nicoletta Orlandi Posti

Avrà pure dato energie, prime pagine sui giornali, una risalita nei sondaggi, fatto conquistare le poltrone che contano. C’è una cosa di sicuro che Matteo Renzi non ha fatto per il Pd: svenarsi dal punto di vista economico. Di tutti i dirigenti del Nazareno è stato di fatto l’unico a non avere versato un centesimo del suo stipendio per finanziare l’attività politica del partito democratico. L’assenza di Renzi brilla infatti dai resoconti dei versamenti effettuati nel 2013 al Pd e depositati alla tesoreria comune delle Camere a palazzo San Macuto. Un elenco lunghissimo, visto che secondo gli stessi regolamenti del partito tutti gli eletti e nominati debbono versare una quota del proprio stipendio pubblico ricevuto. Nel lungo elenco ci sono sindaci, presidenti di provincia, consiglieri regionali, eurodeputati, parlamentari nazionali, membri del governo nazionale e locale. Manca solo Renzi, che nel 2013 è stato sempre sindaco di Firenze e nell’ultimo mese pure segretario del Pd. Hanno versato tutti i suoi predecessori: Pierluigi Bersani 21.400 euro nell’anno, e Guglielmo Epifani 14.250 euro. Ha versato il suo obolo anche il predecessore a palazzo Chigi, Enrico Letta: 18 mila euro. Il più generoso di tutti è stato Vannino Chiti, che nella prima parte dell’anno scorso è stato vicepresidente del Senato, dove poi è stato rieletto presentandosi in Piemonte. Fra versamenti al partito nazionale e quelli alla federazione piemontese, Chiti si è svenato, girando alle casse del suo partito 71.900 euro. Di fatto è stato il contributore più generoso in assoluto, superando perfino i finanziatori privati. Si capisce che uno che ha donato il sangue manco il Pd fosse l’Avis, oggi si attenderebbe dalla sua classe dirigente un po’ più di rispetto quando fa proposte politiche, come è accaduto con la presentazione di un testo alternativo di riforma del Senato. Al secondo posto nella classifica degli eletti-finanziatori c’è Matteo Colaninno, che era dirigente del partito con la segreteria Bersani, e che nella vita fa l’imprenditore: ha versato 63.800 euro (e poteva permettersi di essere un pizzico più generoso). Terzo posto in classifica per il friulano Ettore Rosato, che è segretario d’aula del gruppo alla Camera dei deputati: 51.340 euro versati in un anno alla tesoreria nazionale o a quelle locali del partito. Poco dietro una che Renzi volentieri rottamerebbe: Anna Finocchiaro, presidente della commissione affari costituzionali del Senato. In loco e a Roma lei ha versato 50 mila euro, più o meno l’indennità base mensile da parlamentare. La vecchia guardia è sembrata assai generosa prima di finire nelle grinfie di Renzi. Anche un’altra candidata alla rottamazione come Rosy Bindi si è svenata donando al partito in tutto 38 mila euro. MEGLIO FASSINA Generoso anche Stefano Fassina, che è stato viceministro dell’Economia nel governo Letta: 28.150 euro. E pure Pippo Civati, che ha donato 24.450 euro. Più lui di un altro candidato alla guida del Pd come Gianni Cuperlo, che comunque si è privato di 18 mila euro. Quinto posto in classifica generale della generosità per il primo renziano doc, Andrea Marcucci: ha versato in un anno al partito nazionale e alle federazioni locali 46.100 euro. Anche lui però è rampollo di una famiglia di imprenditori, e può essere un pizzico più generoso. In fascia alta di classifica alcuni ministri dell’attuale governo: sesto posto per Roberta Pinotti (45.880 euro), settimo per Andrea Orlando (43.180 euro), dodicesimo per Federica Mogherini (30 mila euro), diciannovesimo per Maria Anna Madia (24.750 euro), trentesimo posto per Dario Franceschini (18 mila euro). Più giù in classifica alcuni renziani del cerchio magico di Matteo: Maria Elena Boschi si è privata per il partito di 14.250 euro, come il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Luca Lotti. Poco più giù Angelo Rughetti, che ha versato 12.750 euro, identica cifra dell’ex ministro (per poco) Josefa Idem, e ancora più giù il nuovo tesoriere del partito, Francesco Bonifazi (7.830 euro versati, circa un terzo dei 21.922 euro versati al partito dal suo predecessore Antonio Misiani), Matteo Richetti (6.775 euro) e il nuovo candidato sindaco di Firenze, Dario Nardella (6.050 euro). DAI PRIVATI, POCO Nel lungo elenco, con cifre che variano a seconda della sensibilità di ciascuno, ci sono presidenti di Regione e sindaci. Piero Fassino ha versato 7 mila euro, Ignazio Marino qualcosina in più: 10 mila euro, cifra quasi identica a quella scelta da Debora Serracchiani, presidente della Regione Friuli Venezia Giulia. Non ci sono solo eletti e militanti naturalmente nella classifica dei finanziatori del Pd, ma di soldi privati anche in questi primi mesi del 2014 ne sono arrivati assai pochi. Ci sono 90 giorni di tempo per depositare le dichiarazioni congiunte, e quindi è ancora presto per verificare se ci sia stato o meno un effetto-Renzi. L’ODIATO PALAZZINARO Fra i pochi contributi risalta quello - non particolarmente alto - versato al Pd di Roma dalla società Milano ’90. Sono 20 mila euro, ed è l’unico versamento a un partito che risulti nel 2013 da parte della società del gruppo dell’immobiliarista Sergio Scarpellini. Però fa specie: la Milano ’90 è la proprietaria delle sedi distaccate della Camera dei deputati, e proprio il Pd era stato in prima linea per fare disdettare quei contratti di locazione. Nulla risulta che sia avvenuto, ma nel frattempo quei 20 mila euro sono volati dalle casse dell’odiato palazzinaro a quelle del partito democratico...