Gianfry affondato

Fini e la fronda interna: "Non votate Fli", votato Fli

Giulio Bucchi

  di Andrea Scaglia La grande fuga, si potrebbe dire con formula cinematografica. Su nella barca, giù dalla barca. Certo è che, al di là di come la si pensi, la storia di Futuro e Libertà è davvero interessante. Il partito che aspirava a diventare trampolino per una destra moderna e intelligente, finalmente emancipata dal vecchio e ingombrante Cavaliere che tutto e sempre vuol decidere.  Con questo suo leader - ecco no, di Fini «nuovo» non si può proprio dire - di fatto autoimpalmatosi in quel mitico addì 22 aprile 2010, il giorno del «che fai, mi cacci?...» rivolto proprio al suo ex amico e alleato divenutogli ormai insopportabile. E poi la fondazione ufficiale del nuovo partito, nel febbraio 2011. E i sondaggi che, in quel momento, lo davano addirittura oltre al 6,5%. E poi però, già in aprile, il Sole 24Ore a ridimensionarlo al 4,6. Una discesa costante e apparentemente irrefrenabile: a fine 2011 - con il governo presieduto da Monti, oggi per Fli stella polare e áncora di salvezza - intorno al 3,5%. Fino agli ultimi: il 7 gennaio scorso Swg accreditava a Futuro e Libertà un 2,5% di intenzioni di voto, mentre l’altra sera a Ballarò Pagnoncelli spostava l’asticella ancora più in basso, all’1,3. Delusione.   Leggi l'articolo integrale di Andrea Scaglia su Libero in edicola oggi, venerdì 11 gennaio