Verso il voto

Pdl, la Maglie: "Berlusconi ora non può sbagliare candidati"

Giulio Bucchi

di Maria Giovanna Maglie I nomi contano, e come. Vezzali e Bombassei, Sechi e Borletti sono i nomi che Mario Monti spara per contrastare gli annunci di Bersani, i Mineo, Idem, Carrozza, Galli, Santini, Mucchetti, Capacchione. Mai visto negli ultimi anni uno sfoggio simile di personaggi della cosiddetta società civile e di tante donne a impinguare liste e vetrine dei partiti e degli schieramenti.  Il Pd per ora batte tutti, Monti si sta adeguando, il Pdl tace assieme alla Lega. Avevano da fare un accordo tanto obbligato quanto difficile e coraggioso, ora che è fatto dovranno tirar fuori qualche nome che non sia di fedeli cortigiani, di amiche del cuore o di barbari duri e puri, o ne pagheranno le conseguenze perché a questo punto i nomi contano, e quelli delle donne conteranno il doppio.  Sono i candidati che fanno la differenza, porcellum o no, anzi proprio perché c’è il porcellum e dunque ti devi prendere quel che i partiti ti danno, ma c’è anche la crisi economica che manda la gente fuori di testa, c’è la rivolta contro la casta dei politici, un po’ giustificata un po’ pompata ad arte, c’è la fetta enorme di aspiranti astensionisti al voto del 24 febbraio, e c’è  alla fine dei conti una grande  voglia di aria nuova e di rassicurazione che non tutto è perduto. Sono i candidati che fanno la differenza, caro  Cav, e per ora il Pdl ha fatto solo delle grandi chiacchiere sulla percentuale  di donne, su giovani e imprenditori, sul ricambio di parlamentari, sull’età massima di sessantacinque anni, ma nomi seri, noti e sconosciuti, per ora non se ne sono sentiti, peggio quei pochi che vengono scritti, in attesa di smentite, non confortano né al maschile né tantomeno al femminile. Ma peggio  ancora è che un generico e marziale annuncio  continuo di cambio di marcia mortifica tra gli eletti e le elette  quelli che sono bravi, competenti, che hanno lavorato anche al posto di altri;  che una lista finale priva di nomi credibili e nuovi  farebbe credere agli elettori che quel tipo di gente con il centro destra non ci vuole stare; che, infine, un elenco deludente e vecchio farebbe a buona ragione ritenere che il Pdl  di innovazione vera non ne vuole sentir parlare. Vale per uomini e donne, qui mi interessa soprattutto affrontare il problema delle candidate. Ha ricevuto il Cav l’elenco di curriculum eccellenti di  donne  pronte a impegnarsi con il centro destra,  preparato dalla Fondazione Bellisario? Gli altri leader di partito hanno ricevuto il loro. Sa il Cav che il fondatore e presidente di quella prestigiosa Fondazione che raduna il meglio di imprenditrici, politiche, intellettuali, scienziate, dirigenti, è un deputato del Pdl, Lella Golfo?  Certamente la conosce benissimo, e dunque sa che porta la sua firma  una legge sulle quote di genere nei  consigli di amministrazione che ha portato per la prima volta alle donne non affermazioni di principio ma risultati concreti, ovvero sessanta  donne già entrate nei Cda in quattro mesi,  e un tetto del dieci per cento di presenza femminile nei consigli amministrazione delle società quotate, mai raggiunto in Italia.  Sa che è bastata una mail che diceva: «Donne candidatevi, non importa in quale partito, purché vogliate farvi portatrici di un percorso politico serio e responsabile», perché il 20 dicembre arrivassero  più di duecento donne a Roma?  Con buona pace di quelli che sostengono che alle donne la politica non interessa. Certo, sono disilluse.  Qualche dato, per chi, anche il Cav, non li conoscesse.  Cinque  milioni di loro pensano di astenersi dal voto del 24 febbraio,  ma  quasi la metà crede che queste elezioni siano cruciali. Il 65 per cento degli italiani ritiene che uno dei requisiti fondamentali per migliorare la politica sia la presenza di più donne in Parlamento e nelle istituzioni. Tanto che a domanda: voteresti un Partito delle Donne,  il 47 per cento dei giovani risponde di sì e il 64,7 per cento dell’intero campione è favorevole alla sua creazione. Il sondaggio è di Euromedia Research di Alessandra Ghisleri, e segnala con chiarezza un’esigenza e una carenza civili. Le parlamentari del Pdl sono state perseguitate e marchiate da una propaganda razzista e maschilista mascherata da nuovo femminismo che le ha omologate tutte a tette di silicone, extensions, tacchi a spillo e disponibilità alla corte del capo pruriginoso.  Non sono state abbastanza aggressive nel reagire e nel denunciare le ragioni della brutta confusione, in poche parole hanno attaccato poco i nemici e per niente chiesto al Cav chiarimenti e cambiamenti di passo. Peccato, perché sono  invece parlamentari di prima qualità,  che dello stereotipo giustamente se ne infischiano, alcune con esperienza di governo, come Mariastella Gelmini, che sarebbe un eccellente capogruppo;  gente che ha lavorato a leggi importanti e complesse, Jole Santelli, Beatrice Lorenzin,  Cinzia Bonfrisco, Anna Maria Bernini, Stefania Prestigiacomo, Melania Rizzoli, Souad Sbai, Elvira Savino, Michela Brambilla, Micaela Biancofiore. C’è una giovane e brillante Lara Comi, deputato europeo che dovrebbe trasmigrare e qui sarebbe utilissima. Poi c’è il Paese, che è grande, e aspetta segnali di fumo.