Il guizzo del Cav
Un "berlusmonti"per battere BersaniMa il programma?
di Maurizio Belpietro Silvio Berlusconi una ne pensa e cento ne fa. Non sappiamo però se quella di ieri appartiene alla categoria delle cose pensate oppure a quelle che gli escono di getto e che hanno contraddistinto la sua azione politica nel corso degli anni, rendendolo famoso anche per qualche infortunio. Sta di fatto che la dichiarazione a favore di Mario Monti, candidato premier dei moderati, e il relativo passo indietro comunicato dallo stesso Cavaliere dopo l’annuncio di un passo avanti, lasciano un poco di stucco, perché non si capisce dove il leader del centrodestra intenda andare a parare. O meglio: si intuisce che, come un abile giocatore, Berlusconi vuol mettere il cappello sulla candidatura del premier, sottraendo il marchio col loden a Casini, Montezemolo e Fini che già se lo erano intestato. Del resto che il presidente del Consiglio smani per candidarsi è cosa nota e neppure gli inviti alla prudenza e al rispetto delle forme istituzionali venuti dal capo dello Stato hanno sortito l’effetto di rallentarne i progetti. È quasi certo insomma che il primo ministro, nonché senatore a vita, alle prossime elezioni si presenti con l’intenzione di succedere a se stesso. Una mossa che minaccia di dividere il campo dei moderati e dei centristi. Con la candidatura del bocconiano i voti rischierebbero di essere ripartiti fra la lista Monti e il Pdl, consegnando ad entrambi una sconfitta e il Paese nella mani di Bersani e Vendola. Gli ultimi sondaggi danno infatti i centristi filogovernativi tra il dieci e il quindici per cento, mentre il Popolo della Libertà, pur avendo guadagnato qualche punto, raggiunge al massimo il sedici. Divisi alla meta sia Monti che Berlusconi perderebbero e poi il Cavaliere deve mettere in conto che, se insiste a voler correre da solo, c’è pericolo di vedere il partito esplodere in mille pezzi, con i filogovernativi da una parte, gli ex missini da un’altra e lui in mezzo a leccarsi le ferite. L’operazione loden insomma è una furbata, di quelle cui ci ha abituato Berlusconi: una via d’uscita che gli consentirebbe comunque di impedire alla sinistra di conquistare Palazzo Chigi. Non più divisi tra montiani e berlusconiani, i centristi e i moderati rimarrebbero maggioranza nel Paese e dunque anche in Parlamento, consentendo di avere un esecutivo non più di solidarietà nazionale e neppure tecnico com’è ora, ma uno legittimamente in carica e compiutamente operativo. Tutto bene, dunque? Mossa splendida e geniale del grande istrione? Apparentemente sì, ma le cose poi sono più facili a dirsi che a farsi, soprattutto se davvero i centristi-moderati, guidati dal più sobrio dei sobri presidenti del Consiglio, vincessero le elezioni. Il successo imporrebbe di governare e di fare finalmente le riforme, ma non siamo certi che queste sarebbero proprio quelle che noi auspichiamo. Così come non siamo del tutto convinti che, con una maggioranza nuova di zecca e più omogenea di quella attuale, Mario Monti cambierebbe indirizzo politico. Silvio Berlusconi l’altro ieri in tv lo ha accusato di essere un po’ troppo germanocentrico ed è indiscutibile che egli dalle parti dei crucchi goda di una certa popolarità. Ma sarà disponibile ad assecondare un po’ meno la Merkel e un po’ più l’opinione pubblica italiana, in particolare quella che si aspetta incentivi alla crescita? Il presidente del Consiglio in tredici mesi ha varato alcune riforme, tra cui quella delle pensioni e quella del mercato del lavoro, ma non tutte paiono azzeccate e anche le migliori richiedono già una revisione. Il premier che le ha volute e fatte votare in Parlamento sarà disposto a sottoporle a un lifting? Monti si rimangerà l’abolizione delle assunzioni a termine che la legge Fornero ha spazzato via, cancellando insieme ad essa anche la prospettiva di un posto di lavoro per molti giovani? Chiediamo tutto ciò non per essere cavillosi, ma in quanto nell’anno appena trascorso abbiamo criticato spesso l’operato del governo tecnico e non per partito preso, bensì perché certe norme ci apparivano sbagliate, a partire dall’eccesso di tassazione. Con un Monti a guida a destra e senza più la zavorra di sinistra nel bagagliaio, gli errori commessi nel 2012 hanno la possibilità di essere corretti? Non abbiamo nulla di personale contro il presidente del Consiglio e da parte nostra, se contribuisce a battere la sinistra, è ben accetto. Tuttavia il problema è ciò che accadrebbe un secondo dopo la vittoria e cioè quale programma verrebbe attuato dalla formazione centro-moderata. La tassazione verrebbe ridotta e la patrimoniale accantonata, consentendo così all’economia di riprendersi oppure no? Le spese, quelle vere, che non si nascondono dietro la spending review e altre astruse formule, verrebbero tagliate oppure incrementate? Ecco, sono questi alcuni dubbi che ci sono rimasti e vorremmo chiariti. Va bene il passo indietro del Cavaliere, basta che prima del voto ne faccia uno avanti per spiegarci che succede se vincono Monti e il regime dei sobri.