L'allarme

Province, il Governo: "Se il decreto non passa sarà caos istituzionale"

Giulio Bucchi

Caos istituzionale, a rischio scuole, strade e autostrade: è l'allarme lanciato dal Governo in caso di mancata conversione in legge del decreto di riordino delle province, su cui il Pdl ha annunciato pregiudiziale di costituzionalità. Uno stop che preoccupa Palazzo Chigi, già alle prese con la crisi della maggioranza e le imminenti dimissioni del premier Mario Monti. Non a caso una nota ufficiale del governo parla appunto di rischio di "caos istituzionale" citando "gravi e pesanti effetti che comprometterebbero la funzionalità degli enti stessi. Tra le conseguenze, oltre ai mancati risparmi che si sarebbero ottenuti con la riduzione delle Province, ci sarebbe una lievitazione dei costi a carico dei Comuni e soprattutto delle Regioni".  Addio tagli - "Le città metropolitane restano istituite solo sulla carta e la loro operatività - continua lo studio del governo - sarebbe ostacolata da una serie di fattori: mancanza di definizione del sistema elettorale del consiglio metropolitano; incertezze sui rapporti tra sindaco del Comune capoluogo e sindaco metropolitano; incertezze sui rapporti patrimoniali e finanziari; perimetro diverso per Firenze e Milano". Ci sarebbe un "sostanziale ritorno al decreto Salva Italia, con i seguenti problemi: i perimetri e le dimensioni delle province restano quelli attuali e quindi 'rinascono' 35 province". Inoltre "viene meno l'individuazione delle funzioni 'di area vasta' come funzioni fondamentali delle province, sicché le province restano titolari di sole funzioni di indirizzo e coordinamento. Ne consegue che le Regioni dovranno emanare entro la fine di quest'anno leggi per riallocare le funzioni tra comuni e regioni medesime". "Non potendo allocare le attuali funzioni provinciali a livello comunale - sottolinea lo studio del Dipartimento Riforme -, trattandosi per l'appunto di funzioni di area vasta e quindi di livello sovracomunale, ciò comporterà tendenzialmente la devoluzione delle funzioni alle regioni con conseguente lievitazione dei costi per il personale (il personale regionale costa più di quello provinciale e comunale) e la probabile costituzione di costose agenzie e società strumentali per l'esercizio delle funzioni; se le Regioni non provvedono lo Stato dovrà intervenire in via sostitutiva, quindi bisognerà valutare, regione per regione, come riallocare le funzioni ora esercitate dalle province". Tutto da rifare - E ancora, sottolinea il governo, poiché "le regioni hanno delegato alle province numerose funzioni proprie, a questo punto le deleghe dovranno essere ritirate". Si assisterebbe al "blocco della riorganizzazione periferica dello Stato" in quanto "il mancato riordino delle Province si riflette sulla riorganizzazione dell'amministrazione periferica dello Stato e sui risparmi alla stessa collegati. Infatti, gli uffici periferici dello Stato sono organizzati tendenzialmente su base provinciale. Il mancato riordino delle province quindi rende problematica l'attuazione della riorganizzazione degli uffici periferici".