I nodi da sciogliere
Election day, incandidabilità, legge elettorale: su Monti deciderà il Pdl
Terremoto su Mario Monti: dopo giorni di voci, potrebbe essere il giorno della sfiducia al governo dei tecnici. Il Pdl ha annunciato la propria astensione dal voto di fiducia al maxiemendamento al dl sviluppo sul quale l'esecutivo ha posto la questione di fiducia in Senato. Lo ha annunciato il capogruppo Maurizio Gasparri e di fatto segna l'inizio delle ostilità tra gli azzurri e Monti. Che, secondo fonti vicine a Palazzo Chigi, starebbe pensando di recarsi al Quirinale per consigliarsi sul da farsi con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Non è solo il Pdl a premere per le dimissioni, ma pure il Pd per bocca del capogruppo Finocchiaro. Poco importa che sul dl Svilippo, poi, il governo abbia incassato una fiducia risicata con 127 sì, 17 no e 23 astenuti a fronte di soli 167, grazie a pochi senatori del Pdl entrati in aula per garantire il numero legale. Non era questa votazione l'appuntamento-chiave, come non lo è stato quello alla Camera nel pomeriggio sul dl Enti locali, per cui il capogruppo Fabrizio Cicchitto aveva ribadito un'altra astensione del Pdl. Alla fine anche il decreto sugli enti locali ber tagliare i costi della politica, alla Camera, passa. I sì sono stati 281, 77 no e 140 astenuti, questi ultimi sono soprattutto esponenti del gruppo Pdl. Nell'attesa, il terremoto politico ha subito ripercussioni in Borsa, con lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi equivalenti salito a quota 330 punti. Passera incauto - All'indomani dell'annuncio di Silvio Berlusconi di ricandidarsi (anche se con chi non è ancora certo), prevarrà la linea dura del partito. Il dl sviluppo, come detto, è l'antipasto. E il ministro dello Sviluppo Corrado Passera ha aggiunto il carico, commentando poco sobriamente e ancor meno diplomaticamente le parole dell'ex premier. "Se si torna indietro non è un bene per l'Italia". Detto da chi aspira ad arrivare a Palazzo Chigi, suona quasi come un velenoso attacco elettorale ad un possibile rivale. E infatti nel Pdl si è scatenata la rivolta, con richieste di dimissioni e, appunto, l'annuncio di bagarre in Parlamento. E a stretto giro di posta, sempre dal Senato, arriva la replica del Partito democratico, che annuncia tuoni e fulmini per il governo tecnico. Finocchiaro: "Maggioranza non c'è più" - "Se il principale partito della strana maggioranza che sostiene Monti non vota la fiducia, e lo fa in modo irresponsabile, in un momento delicatissimo per il Paese, vuol dire che il governo non ha più la maggioranza. Cosa succede in questi casi? Credo che Monti dovrebbe recarsi al Quirinale", è il commento in aula di Anna Finocchiaro, presidente dei senatori Pd, dopo l'annuncio di Gasparri. Parole pesantissime, che preannuciano la crisi e il voto anticipato. Con tanti saluti alla riforma elettorale, già abbondantemente boicottata."Oggi incontrerò i nostri capigruppo e faremo il punto - ha annunciato il segretario Pd Pierluigi Bersani -, Stasera sarà chiaro in un senso o nell'altro". Dalle 14 via al colloquio con i capigruppo di Camera e Senato, Dario Franceschini e la Finocchiaro. "La scomposta discussione del Pdl non aiuta a trovare una soluzione sulla legge elettorale", ha commentato ancora Bersani. Data del voto e incandidabilità - Da parte del centrodestra, fino a ieri i nodi veri sembravano election day e legge sull'incandidabilità. Il ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri ha detto che il governo deciderà sull'election day e sulla data delle elezioni regionali in Lazio, dopo che mercoledì il Tar aveva imposto al Lazio di anticipare il voto al 3 e 4 febbraio. Il Pdl non ci sta e la linea dominante (anche se gli ex An nicchiano) è quella di imporre l'aut aut a Mario Monti: o election day o cade il governo. A preoccupare Berlusconi c'è anche la bozza sull'indandidabilità, che potrebbe escludere dalle liste i condannati in primo grado (come, appunto, Berlusconi, condannato a 4 anni per la frode fiscale Mediaset). E poi la legge elettorale, su cui lo stesso Pdl è spaccato. Sulla bozza Quagliariello non convince nemmeno il Pd, perché il premio di 55 seggi al partito più votato secondo Bersani è troppo esiguo. Oggi pomeriggio nuova riunione a Palazzo Grazioli: si parlerà anche di questo, a meno che la situazione non sia già precipitata.