Di Mario Giordano
Monti ci vuole in ginocchio:preparatevi ad altre tasse
di Mario Giordano Se questa è la salvezza, per piacere, la prossima volta salvate qualcun altro. C’è qualcosa che non torna nel modo in cui ci raccontano la storia economica di quest’ultimo anno: per essere fuori dal pericolo, beh, stiamo abbastanza pericolanti, magari è vero che ci hanno sottratti alla deriva, ma è solo per buttarci a fondo. E infatti ieri, nel giro di poche ore, siamo venuti a sapere che: a) secondo l’Ocse i conti dell’Italia non tornano e quindi probabilmente dovremo mettere di nuovo mano al portafogli; b) l’Ue ha raggiunto l’accordo sulla Grecia e quindi sicuramente dovremo mettere di nuovo mano al portafogli; c) il sistema sanitario barcolla e quindi, preparatevi, dovremo mettere di nuovo mano al portafogli. Il professor Monti ci assicura che in questo modo stiamo finalmente bene, e noi ci crediamo ma ci permettiamo di avanzare una piccola richiesta: si potrebbe stare un po’ peggio, magari, e mettere un po’ meno mano al portafoglio? Da quando siamo diventati i paggetti della Germania, infatti, sembra che non facciamo altro che far sacrifici per conto terzi. Viene da chiedersi a che serve la politica del tirar la cinghia sempre e comunque se dopo un anno di austerity feroce l’Ocse ci dice che ancora non basta e ci vuole un’altra manovra. Viene da chiedersi come mai noi che siamo i malati d’Europa dobbiamo pagare i debiti della Grecia (poi verranno quelli della Spagna) per salvare le banche crucche. E viene da chiedersi, infine, a che serve star lì a parlare di spending review e spesa sanitaria standard se poi, di fronte alle difficoltà del settore, la prima cosa che salta in mente al nostro premier è, guarda un po’ che strano, l’ipotesi di una nuova stangata. Ogni giorno ha la sua pena, si capisce. Ma tre al giorno non saranno troppe? Il tunnel del salasso, in effetti, sembra non avere più fine, mentre Bankitalia comunica che il reddito reale continua a diminuire (i salari aumentano dell’1,5 per cento contro il 2,6 per cento dell’inflazione) e la previsione di crescita del Paese viene rivista costantemente al ribasso (dal meno 1,7 al meno 2,2 per il 2012, dal meno 0,4 al meno 1 per cento per il 2013). Un milione di famiglie si scopre con l’acqua alla gola, con debiti superiori al 30 per cento dei redditi. E inutile dire che tutti gli altri indicatori, dalla disoccupazione alla produzione industriale, sono girati al peggio. Tranne lo spread, ovviamente, l’unico parametro che è migliorato. Ma che è difficile da servire a cena, al posto della minestra, sul desco delle famiglie ridotte alla fame. E dunque, almeno, abbiano il buon gusto di non dire che il Paese è stato salvato. Il Paese è stato messo nelle mani della Germania, anzi delle banche tedesche, che hanno fatto pagare alle nostre famiglie il conto dei loro debiti. E in cambio hanno dato il via libera all’acquisto di nostri titoli di Stato, in modo da far risalire il numerino magico dello spread. Ma per ottenere questo abbiamo soffocato il Paese, lo abbiamo ridotto alla fame (altro che salvato) con una politica di austerità che non basta mai: più si taglia, infatti, più si riduce il Pil; più si riduce il Pil e più aumenta il rapporto debito/Pil; più aumenta il rapporto debito/Pil e più si fanno altri tagli che riducono di nuovo il Pil, innescando un circolo vizioso che si conclude solo con la chiusura del Paese per morte d’infarto. E infatti oggi ci troviamo a prendere badilate in faccia da tutte le parti: l’Ocse che ci fa ballare davanti agli occhi lo spauracchio di una nuova manovra, il nostro sistema di welfare che va a fondo, Monti che ci chiede soldi per il sistema sanitario, l’Ue che ci chiede soldi per la Grecia, poi quasi certamente ce li chiederà anche per la Spagna, le banche tedesche che scaricano sui nostri miseri bilanci familiari i loro possibili rischi. E noi qui a chiederci quando arriverà la prossima bastonata. E, soprattutto, quante ce ne vorranno ancora prima di risvegliarci. O di morire.