Allarme conti
Eurostat: Debito pubblico italiano al 126% del Pil, secondo solo alla Grecia
Forse non serviva l'Eurostat per sottolineare come la tenaglia "tagli-tasse" del governo Monti non faccia bene all'Italia. Di certo, l'agenzia continentale dà un'ultima fotografia che magari servirà agli elettori in vista del voto 2013: oltre a tagliare (nei posti sbagliati) e tassare, i professori sanno fare poco altro, visto che il debito pubblico italiano è cresciuto anche nel secondo trimestre di quest'anno: di fronte alla media dell’Eurozona del 90% del Pil (era 88,2% alla fine del primo trimestre) e quella dell'Ue a 27 paesi del'84,9% (dall'83,5% di marzo), il debito italiano ha raggiunto il 126,1% del prodotto interno lordo, il secondo maggiore dopo quello della Grecia praticamente fallita (150,3%) e appena inferiore a quello portoghese (117,5%). I titoli diversi dalle azioni rappresentavano a fine giugno il 78,6% del debito dell'Eurozona, i crediti erano pari al 18,6% e i depositi il 2,8 per cento. Insomma, non un bel quadro. Napolitano: "Non chiederemo aiuti all'Europa" - Gli aiuti finanziari ai paesi in difficoltà sono ammontati, invece, all'1,6% del Pil dell'Eurozona. E dall'Olanda, dov'è in visita istituzionale all'Aja, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sembra rispondere all'Eurostat e rassicurare, ancora una volta, i partner europei sulla tenuta dei conti italiani: "Finora l'Italia non ha ricevuto un solo euro di aiuti dall'Europa e non è prevedibile né all'ordine del giorno alcuna richiesta". Napolitano ha ricordato che "l'Italia ha una quota importante di pagamenti versati per la solidarietà tra i paesi europei", Grecia in testa, ma non ha ricevuto un solo euro. "Per noi il mercato del debito pubblico e dei titoli di Stato deve essere stabilizzato e deve riflettere la reale situazione economica dei singoli paesi". "Le misure prese sono state serie in Italia - ha concluso il capo del Quirinale -, così come in Grecia e Spagna dove le scelte compiute mordono ma sono in via di realizzazione". Serve dunque una "apertura di credito verso i paesi in difficoltà, ma senza fare di tutta l’erba un fascio e valutando piuttosto paese per paese". Sperando, appunto, che a forza di debito pubblico in aumento e crescita sotto zero quell'apertura di credito non debba servire anche all'Italia.