Faide democratiche
Bersani: "Non chiederò a D'Alema di ricandidarsi"
L'uscita di scena di Walter Veltroni sta facendo venire giù tutto il Partito democratico. Domenica il cofondatore del Pd ha annunciato di volersi fare da parte e che non si ricandiderà al Parlamento, mossa che poteva mettere in difficoltà il rottamatore Matteo Renzi. Iniziare il ricambio generazionale significava, in sostanza, depotenziare la propaganda giovanilista del sindaco di Firenze, grande avversario del segretario Pierluigi Bersani alle imminenti primarie. E invece, come a sinistra sanno fare da maestri, l'opportunità si è trasformata in un boomerang devastante, una faida interna che indebolisce ancora di più Bersani. Il motivo è semplice: l'altro grande caporione del partito, Massimo D'Alema, non sa ancora se imiterà l'esempio dell'amico-nemico Uolter, e nelle ultime ore ne è nato un battibecco glaciale proprio con Bersani. Insomma, i Tafazzi democratici sono sempre all'opera. Botta e risposta - "Io non chiederò a Massimo D'Alema di candidarsi, io non chiedo a nessuno a candidarsi". Ha commentato Bersani rispondendo a Baffino, che a sua volta aveva spiegato: "Mi ricandido se me lo chiede il partito". Un modo "gentile ed educato" per spiegare che lui, la poltrona non la vuole lasciare. Non a caso, nel primo pomeriggio arriva la replica di D'Alema: "Non decide Bersani, deciderà il partito". E a chi gli domanda se chiederà una deroga, l'ex premier risponde enigmatico: "Valuteremo". Il sondaggio: quale dinosauro del Pd volete vedere a casa per primo? "Sbaglia chi mi crede finito" In un'intervista a Repubblica in edicola mercoledì 17 ottobre, Massimo D'Alema, spiega: "Non è il segretario che decide le candidature, c'è una preocedura prestabilita, e c'è un organo preposto. Quell'organo si chiama direzione. Ed è lì che si decide, questo ha detto Bersani e questo dico anche io. Valuteremo insieme se mi candido o no, quello che mi sta a cuore, adesso, è difendere la mia, la nostra storia. Noi abbiamo governato questo Paese, noi l'abbiamo portato in Europa. Questo è un fatto, non un'opinione. Se c'è qualcuno che pensa che io ormai sia un cane morto, credo proprio che in termini di consensi reali, nel partito e nel paese si stia sbagliando e se ne accorgerà".