Europa pozzo senza fondo

All'Ue 16 miliardi l'annoE ce ne tornano solo la metà

Matteo Legnani

  Nel 2011 l’Italia ha versato nelle casse dell’Unione europea la bellezza di 16,2 miliardi di euro, la somma più alta degli ultimi anni. In cambio ha ricevuto i famosi fondi strutturali, che spesso vengono poi persi per i ritardi delle Regioni e degli enti locali nell’utilizzo. Le entrate italiane dall’Unione europea non solo sono a rischio, ma sono state nel 2011 circa la metà delle uscite.  Nella partita con l’Unione europea l’Italia ha perso 7,5 miliardi di euro, un miliardo più di quanto non incasserà ora dai cittadini aumentando l’Iva di un punto sia nella aliquota massima (dal 21 al 22 per cento) che in quella intermedia (dal 10 all’11 per cento). Una voragine che continua, visto che nel primo semestre del 2012 l’Italia ha ricevuto 3,7 miliardi in meno di quanti   ne abbia accreditati al bilancio dell’Unione europea. Tra i più generosi - Certo, il governo italiano può mettersi una mostrina sul petto, perché perdendo miliardi di euro ogni anno l’Italia può dire di essere fra i nove contribuenti netti dell’Unione europea (quelli che pagano più dei benefici ricevuti), piazzandosi addirittura al terzo posto, dietro la Germania e di una sola incollatura dietro la Francia (che nel 2008 e nel 2011 abbiamo perfino battuto, piazzandoci al secondo posto).  Le somme sono però rilevantissime: da quando è in vigore l’euro, l’Italia ha sempre pagato più di quel che riceveva dall’Unione europea. Quasi 56 miliardi di euro dal 2001 ad oggi. Una serie negativa così non era mai stata registrata nei conti pubblici italiani. Il picco negativo è stato proprio quello dell’anno  2011, quando la bilancia dei trasferimenti Italia-Unione europea  è stata negativa per i 7,5 miliardi di euro sopra ricordati. Ma nel 2009 lo sbilancio non era stato troppo diverso: perdita di 7,2 miliardi di euro. E nel 2008 era stata superiore ai 6 miliardi di euro. Anche l’anno prima dell’adozione ufficiale della moneta unica l’Italia aveva perso quella partita, ma la cifra era assai minore: un miliardo di euro. Ed è capitato ogni tanto di ricevere più delle quote pagate. Nel 1997 ad esempio il saldo è stato positivo per più di un miliardo degli euro attuali. Certo, l’Italia è un grande Paese ed è uno dei fondatori dell’Unione europea. Però,  a vedere come è stato trattato in questi anni dalle principali cancellerie del vecchio Continente,  nessuno avrebbe detto che Roma era il terzo e talvolta il secondo maggiore affluente alle risorse della Ue. Nell’era della moneta unica ha dato un contributo netto alla comunità superiore del 20 per cento  a quello offerto dalla Gran Bretagna, superiore dell’80 per cento a quello offerto dai Paesi Bassi, sei volte superiore a quello pagato dalla Svezia, quasi venti volte superiore a quello della Finlandia. Non è nemmeno possibile un raffronto con la Spagna.  Basta però guardare l’ultimo rapporto della Corte dei Conti relativo al periodo che va dal 2004 al 2010. In quell’arco di tempo l’Italia nel rapporto con l’Unione europea  ha rimesso più di 35 miliardi di euro. La Spagna ha invece guadagnato 30 miliardi di euro. Dalle cronache invece sembra quasi che Spagna e Italia siano sullo stesso piano, i Paesi paria dell’Unione europea, trattati come monatti e ora appena sollevati da quello status solo grazie alle magnificate personali relazioni internazionali del presidente del Consiglio  Mario Monti.  Azionista snobbato - Forse sarebbe stato sufficiente stringere un po’ i cordoni della borsa e fare la voce grossa per ottenere il rispetto dovuto a un azionista di questo calibro. Perché nella partita finanziaria fra Italia e Ue c’entrano assai poco le tensioni sui mercati internazionali, e gli aiuti che l’Italia ha ricevuto dalla Banca centrale europea  nella difesa dei suoi titoli di Stato. Sono stati rilevanti nell’ultimo anno, è vero. Ma sono ancora largamente inferiori all’impegno finanziario che la stessa Italia ha sopportato per la creazione della Bce e dei vari fondi salva-Stati. Finora l’Italia ha ricevuto poco più di quanto non abbia sborsato per difendere la sola Grecia, e assai meno della quota girata per la difesa di se stessa, della Spagna, dell’Irlanda e del Portogallo. di Franco Bechis