Legge elettorale
Parlamentari contro le preferenze, in 40 scrivono una lettera al Cavaliere
“Per favore, tutto, ma le preferenze no”. In vista della riforma della legge elettorale, quaranta parlamentari del Pdl (tra i quali la fresca ex Stefania Prestigiacomo, ora passata a Futuro e Libertà, Antonio Martino, Riccardo Mazzoni, Eugenia Roccella, Enrico La Loggia, Giuliano Cazzola, Melania Rizzoli, Mario Pili e Fiamma Nirenstein) chiedono a Silvio Berlusconi e Angelino Alfano che si facciano garanti del listino bloccato. Il succo è: se c'è bisogno di una nuova legge elettorale, i quaranta firmatari si adeguano, ma che non venga data la possibilità agli elettori di scegliersi il candidato. Ragioni (di facciata) - I deputati azzurri hanno a cuore la tenuta del Pdl, o almeno così scrivono. Il sistema delle preferenze è "del tutto estraneo - recita la lettera - alla filosofia della discesa in campo del 1994", in quanto con la sua reintroduzione si ricostituirebbe un partito da Prima Repubblica, cioè "dominato dal correntismo, dallo scontro feroce fra fazioni e cordate, dal professionismo della politica". Ecco qual è il problema: i firmatari temono che l'irrobustirsi delle correnti indebolisca la figura del leader, sia o no Berlusconi. Le preferenze minano "la funzione unificante della leadership, e la possibilità per il Partito di esprimere un indirizzo politico unitario" in campagna elettorale come nelle istituzioni", dicono. Paura dell'elettore - Fin qui, siamo al testo della lettera. Ma non è che i quaranta parlamentari siano più semplicemente terrorizzati dall'idea di doversi presentare dagli elettori per chiedere il voto? Comizi, porta a porta, piazze, campagne di comunicazione e di propaganda. Convincere la gente a darti la preferenza è faticoso, molto più facile farsi garantire dalla segreteria di partito un buon posto nel listino bloccato.