Il diktat

L'ordine di Berlusconi:"Non parlate più del Pdl"

Andrea Tempestini

di Barbara Romano Intanto, se n’è andato. Non dalla politica, come vorrebbero i detrattori (Repubblica). Silvio Berlusconi si è solo preso una pausa per il week-end. Disgustato dagli scandali e le beghe del suo vecchio partito (Pdl) e sfiancato dalla gestazione del nuovo (?), ieri il Cav ha fatto le valigie. Destinazione: Mosca. Ha colto al volo l’occasione dei sessant’anni dell’amico  Vladimir, che compie oggi, per staccare la spina.  Stamattina si è involato verso la Russia, dove lo attende la festa dell’anno. Ufficialmente il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, ha detto che il presidente festeggerà modestamente, in un circolo familiare ristretto. Ma il fatto che sia stato istituito un comitato ad hoc (Comitato nazionale 60) e che abbia organizzato una parata chiamata “Giubileo” che sfilerà nel centro storico di Pietroburgo con tanto di dirigibili in cielo, fa sorgere il sospetto che la festa tanto sobria non sarà. Ma almeno servirà a distrarre dalle sue ambasce politiche il Cavaliere, che lascia, seppur momentaneamente, un cantiere ancora tutto per aria.  Al nuovo partito manca il nome, il logo, il programma e persino il candidato premier. Berlusconi stamattina è partito con una sola certezza: il Pdl non ci sarà nella scheda elettorale. E un obiettivo: l’unione di tutti i moderati. Prima o dopo il voto, si vedrà. Probabilmente non sarà più un grande partito circondato da satelliti, ma una federazione di sigle. Molto dipenderà dalla legge elettorale e se consentirà alleanze prima o dopo le elezioni. La mossa propedeutica, comunque, non è l’azzeramento del vecchio, ma la sua cancellazione tout court. «Liberatemi dalla zavorra del Pdl»: è la prima cosa il Cav ha chiesto ai suoi “ragazzi”, i fedelissimi di ultima generazione. Un’implorazione più che un diktat. Tanto che c’è chi, come Michaela Biancofiore, è subito passata ai fatti firmando le sue dichiarazioni come «coordinatrice in Alto Adige per Berlusconi» e non più come «coordinatrice del Pdl».  Uno dei nodi da sciogliere è quello del candidato premier. Dopo la serrata moral suasion inutilmente esercitata sul presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, fondatore di Italia Futura, e dopo aver sondato a vuoto la disponibilità del ministro delle Attività produttive, Corrado Passera (che se scenderà in campo non lo farà sotto l’ala di Berlusconi), Berlusconi ha iniziato a valutare il nome di Diego Della Valle. Con il patron della Tod’s si sono sempre cordialmente detestati, come documenta la memorabile kermesse di Confindustria a Vicenza, nel 2006, dove tra i due volarono gli stracci. Della Valle continua a non stare simpatico al Cav. L’idea di farne il futuro leader del centrodestra, infatti, non è di Berlusconi, ma di una deputata del Pdl molto vicina al signor Tod’s. Ma sicuramente il miglior amico di Clemente Mastella si avvicina molto all’idea di nuovo che ha in mente l’ex premier. E ora sono al lavoro le diplomazie (il ras di Ceppaloni in testa). In nome del ritorno al futuro, Berlusconi sarebbe anche disposto a fare un passo indietro. Il suo disegno è: vincere le elezioni e poi cedere il passo a chi dimostrerà, anche attraverso la prova delle urne, di poter guidare il polo dei moderati. Che si chiami Monti, Montezemolo o Della Valle. Chiunque sarà il federatore del centrodestra, Berlusconi ha in serbo il rinnovamento di quasi tutto il parco onorevoli. Due le caratteristiche fondamentali dei dirigenti del dopo-Pdl: devono essere giovani e non politici di professione, ma avere già una fonte di reddito. Già, ma dove li trova soggetti così? «Saremo noi i talent scout di Berlusconi sul territorio», annuncia la Biancofiore, una delle fedelissime più vicine al Cav, assieme a Daniela Santanchè e Nunzia De Girolamo. Tra le più strenue sostenitrici, assieme a Giancarlo Galan, del berlusconismo della prima ora, da rinfrescare con iniezioni di gioventù, imprenditoria e società civile. «Nessuno degli attuali dirigenti del Pdl ha lo spirito del ’94 e dei fondatori di Forza Italia non c’è nessuno oggi alla guida del partito», protesta la coordinatrice dell’Alto Adige, «noi non vogliamo il sangue dei vinti, ma chi ha portato il partito dal 40 al 15 per cento, in qualunque azienda sarebbe stato licenziato».