L'alleanza dei "non allineati"
Grillo più Di Pietro:nasce il "partito del Fatto"
Un'intesa che vale il 25% dei voti e, di conseguenza, la strada spianata verso il governo del paese. Alla faccia di primarie del Pd, Bersani, Renzi, fanta-ritorni del Cavaliere, spauracchi di un Monti-bis. Ci pensa il giornale di Antonio Padellaro e Marco Travaglio a costruire l'intesa vincente alle prossime elezioni. La chiama dei "non allineati", ma potremmo chiamarlo (dopo il "partito Repubblica") il "partito del Fatto": Movimento 5 stelle più Italia dei valori, Beppe Grillo più Antonio Di Pietro. Roba da brividi, soprattutto considerando che lo scenario vedrebbe, con ogni probabilità, Antonio Di Pietro presidente del Consiglio. Al Fatto Quotidiano hanno ormai capito che l'onda Grillo si è spiaggiata: dopo lo tsunami della scorsa primavera, che aveva portato i 5 stelle al 20%, il loro consenso è andato via via riducendosi e non sembra dare segnali di ripresa. Secondo un sondaggio presentato dall'Ipsos nel corso della puntata di Ballarò di martedì scorso, i grillini sarebbero al 17,9%. Così non vanno da nessuna parte. Sono solo terzi, dietro sia al Pd col 24,5% sia al Pdl che è risalito fino a sfiorare il 22%. Ma ecco che se a quel 17,9 si aggiunge il 7,5 di Di Pietro, il miracolo si compie: 24,5%, cioè primato a pari merito coi democratici. Il Fatto sgasa sull'intesa, citando Grillo che dice che "Di Pietro lo vedrei bene al governo" e l'ex pm che dice di sentirsi "tutti i giorni con Grillo e Casalegno". L'intesa, scrive il giornale di Padellaro, spianerebbe la strada verso il successo al duo Grillo-Di Pietro anche con l'attuale Porcellum, che garantisce alla coalizione vincente un premio di maggioranza al 55% dei seggi. Una priospettiva che, secondo Tonino, "sta provocando un terrore enorme. Vogliono imbrigliarci, ma non c'è alcuna legge elettorale che li garantisca". Certo, grillo dice pure che "Di Pietro è rimasto in un sistema marcio, dove stanno anche gli Scilipoti, e anche per questo non potremo mai metterci d'accordo". Ma così dicendo tende implicitamente una mano all'ex castiga-corrotti ("E' l'unico che salvo"). O, almeno, così la vede Il Fatto. Di tempo per avvicinare i due tribuni ce n'è.