L'iniziativa
Fassina riunisce gli anti Monti del Pd
di Elisa Calessi «Cos’è l’agenda Monti? Dov’è? Dove si può comprare? Non so cosa sia». Stefano Fassina ironizza, ma il punto è serio. «Bersani», spiega Matteo Orfini, «farebbe molto, ma molto, molto molto meglio di Monti». Allora meglio parlare di agenda Bersani. Che dovrà prevedere, spiega Fassina, una decisa correzione delle principali riforme di questo governo. Da quella delle pensioni a quella del lavoro, passando dalla spending review. Questo il messaggio che ieri è arrivato da Rifare l’Italia, l’appuntamento che si è svolto a Reggio Emilia, promosso dai cosiddetti giovani turchi («ma non chiamateci così», chiede Fassina), ovvero gli old-labur della segreteria di Bersani. Contrari a Monti, tanto quanto a Matteo Renzi, avversi al liberismo, quanto al blairismo. Fassina, responsabile economico del Pd, ha criticato pesantemente la linea di austerity dei tecnici: «Il debito pubblico continua ad aumentare, lo spread resta alto». E questo perché «l’economia non va», la ricetta è sbagliata. Né ha senso entusiasmarsi per le decisioni della Bce. Perché chiedono una «condizionalità» che va sulla rotta dell’austerity. Mentre per Fassina «dobbiamo cambiare rotta». L’agenda Monti è il rigore? «Potrebbe essere l’agenda Prodi, Amato, D’Alema. Nei 20 anni alle nostre spalle noi abbiamo fatto altro che risanamento», ha ricordato. «Sono le liberalizzazioni? Il nostro segretario ha fatto lenzuolate molto più ampie e incisive di quelle fatte in questa stagione». Quanto alle riformeo, «sotto il titolo di spending review, si tagliano non solo sprechi, ma anche il welfare». E non si dica che è «guardare indietro» proporre «la patrimoniale», «chiedere di correggere la riforma delle pensioni» o «impegnarsi a modificare la riforma del lavoro che impone aumenti ai contributi per i giovani professionisti». Dall’inizio, ricorda Orfini, «abbiamo detto che c’è un’altra via tra austerità e tagli». L’altro tema è il rinnovamento. «Ci accusano di voler uccidere i nostri padri», ha detto Alessandra Amoretti, «ma a noi abbiamo 40 anni e a 40 anni si è padri e madri!». Bindi chiede rispetto? «Mi chiedo», le risponde Orfini, «se sia una mancanza di rispetto porre una discussione». Ma non lo è, invece, «considerare che l’unico modo per dare un contributo al partito è farlo da ministro? O il fatto che averlo fatto due volte dia il diritto divino a farlo sempre?». Altro che rispetto. Questa, ha attaccato Orfini, è una «visione lunare!». Rivolto a Renzi, lo ha invitato a spostare la battaglia sulle idee: si parli di «politiche per il Paese», non solo di questioni generazionali. Il responsabile cultura del Pd ha poi ironizzato sulle ricette economiche del sindaco di Firenze: «Se a un precario diciamo “ti proponiamo uno che parla in fiorentino e dice che dobbiamo continuare a fare le stesse cose che hanno prodotto questa situazione” è un miracolo se non ci mena». Duro con lui anche Fassina: «Nessun leader progressista in Europa direbbe “con Marchionne senza se e senza ma”. È singolare che ci sia chi si candida senza nessuna proposta su temi come l’Europa, il lavoro». E in serata è lo stesso Renzi a rispondere. «I giovani turchi parlano, parlano, però poi... nessuno di loro si è candidato», ha detto intervenendo alla Festa del Pd a Firenze. Poi, rivolto a Bersani: «Caro segretario, non aver paura di noi, di chi ti dice le cose in faccia; devi aver paura di chi te le dice dietro». Il sindaco di Firenze ha infine annunciato che il suo tour partirà dal Nord. Dal Veneto, per la precisione, «perché è da lì che vinceremo». «Andremo», ha concluso, «nei luoghi simbolo: partiremo da Verona, Longarone, dove vi fu il disastro del Vajont, poi a Belluno e Padova». Intanto Nico Stumpo, responsabile organizzazione del partito, intervenendo alla festa nazionale di Reggio Emilia, ha fatto sapere che «le primarie si faranno entro novembre e saranno aperte. Sarà superata la norma dello statuto». Lo ripeterà oggi Bersani, chiudendo la festa. Le regole, dirà, si scriveranno con gli altri soci dell’alleanza. Nelle sue 41 pagine di discorso, chiamerà poi il Pd alla sfida di governo. Ribadirà la fedeltà all’esecutivo, ma certo non aprirà a quel Monti-bis agognato al forum di Cernobbio. Il Pd è garante del risanamento della finanza pubblica, manterrà gli impegni presi con l’Europa. Ma ha le carte in regola per governare fuori dall’emergenza di una grande coalizione.