Sanatoria mascherata
Com'è buono Riccardi: arrivano 800mila immigrati
Il numero fa spavento: 800mila. Tanti sarebbero, incrociando i dati in possesso dei vari Osservatori sull’immigrazione, i clandestini che potrebbero approfittare del decreto legislativo anti-caporalato messo a punto da Andrea Riccardi, ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione, per entrare in Italia. Un’invasione alla quale bisognerebbe aggiungere, naturalmente, anche i costi per l’accoglienza e l’assistenza degli immigrati. In Italia l’ultima regolarizzazione è avvenuta nel 2009. E sono circa 300mila, ma il dato è destinato a crescere, gli immigrati che ne hanno usufruito. Il provvedimento che recepisce la normativa comunitaria «in materia di sanzioni e provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare», però, potrebbe attirare oltre il doppio dei clandestini. Un numero, quello di 800mila, cui si arriva per gradi. Attualmente, sono circa 60mila gli immigrati regolari che hanno il permesso di soggiorno in scadenza. Cifra alla quale va aggiunta quella di 150mila, ovvero la quantità di irregolari che o hanno il permesso di soggiorno già scaduto, oppure pur in possesso di un permesso di soggiorno stagionale si sono guardati bene dal tornare nel proprio Paese d’origine. Fatto sta che sarebbero questi 210mila lavoratori i primi a beneficiare del varco aperto da Riccardi per spingere i datori di lavoro alla regolarizzazione. Non solo: secondo l’Organizzazione internazionale migranti, tra le coste del Nord Africa e l’Oriente sarebbero circa 650mila i clandestini pronti a raggiungere l’Europa. Italia in primis. Arrivi che, soprattutto per quanto riguarda Cina, Pakistan e Sri Lanka, sarebbero da attribuire anche alla pressione causata dalla mancata emanazione, da oltre un anno, del decreto flussi. La platea degli 800mila immigrati rientrerebbe a pieno titolo nelle casistiche previste dal provvedimento sul caporalato. Il decreto legislativo, infatti, agisce su due fronti: quello del clandestino, che può ottenere il permesso di soggiorno denunciando il datore di lavoro che lo impiega irregolarmente; e quello dello stesso datore di lavoro, che può evitare le sanzioni previste dalla normativa - l’arresto da sei mesi a tre anni e una multa salatissima - attraverso lo strumento del “ravvedimento operoso”: ovvero il pagamento di una somma forfettaria pari a mille euro per ogni clandestino regolarizzato. Una somma che il Pdl giudica troppo bassa perché tale da incentivare una sorta di commercio illegale parallelo tra imprenditori e clandestini. Non solo. Un altro dei pericoli è rappresentato dalla guerra tra poveri che potrebbe scoppiare tra i clandestini che usufruirebbero del “decreto Riccardi”, e i 300mila lavoratori immigrati regolari in esubero. Perché non premiare prima chi già è in possesso del permesso di soggiorno, con tanto di famiglia al seguito? Sul merito del provvedimento, quindi, l’ex maggioranza Pdl-Lega resta all’offensiva. «L’unica soluzione per i clandestini è l’espulsione», tuona Federico Bricolo, capogruppo del Carroccio al Senato, per il quale «l’idea del governo di realizzare una sanatoria più o meno mascherata è inaccettabile». Anche perché, prevede il suo vice Sandro Mazzatorta, alla fine della “regolarizzazione” il numero dei beneficiari sarà maggiore delle previsioni: «Altro che duemila clandestini all’anno, saranno centinaia di migliaia. Succederà quello che è successo con gli esodati». Un altro leghista, Fabio Ranieri, grida alla «vergogna. Ancora una volta il governo Monti non perde occasione per pensare al superfluo dimenticando le popolazioni emiliane colpite dal terremoto». Applaude Palazzo Chigi, invece, monsignor Giancarlo Perego, direttore della fondazione Migrantes della Cei: «Il decreto legislativo, oltre ad adeguarsi ad una normativa europea, raggiunge un obiettivo fondamentale: mettere al centro del mercato del lavoro il contratto». E il Pd, per bocca di Roberto Di Giovan Paolo, approva: «La Lega non capisce: non siamo di fronte a una sanatoria, si tratta di riconoscere i giusti diritti». di Tommaso Montesano