Lo studio
Claudia Osmetti: Milano più inquinata con le Ztl a 30 all'ora
Toh, le città lente inquinano di più. Quelle a velocità ridotta, che poi vuol dire traffico congestionato, file chilometriche, tempi di percorrenza raddoppiati (col motore acceso, però, il doppio del tempo). Quelle, insomma, a trenta chilometri all’ora. Come ha fatto la rossa Bologna e come vorrebbe fare la rossa Milano: vorrebbe, sì, perché tra il dire e il fare, ossia tra l’ordine del giorno (e il giorno era il 9 gennaio del 2023) del consigliere Marco Mazzei (Lista Sala) e l’effettiva volontà politica di Palazzo Marino oggi c’è la stessa distanza che separa i continenti. Indecisioni tante, concretezze nessuna.
O meglio, qualche certezza esiste. Ma in senso opposto. Nel senso, cioè, che una maxi ztl a passo d’uomo, sotto il Duomo, serva a zero. Di certo non all’ambiente. Lo mette nero su bianco uno studio del Mit senseable city lab, che è un laboratorio digitale specializzato in urbanistica e pianificazione, e che ha provato a focalizzarsi proprio sull’ipotesi di una Madonnina che va piano.
Ecco, non funziona. Non dal punto di vista economico (questo lo aggiungiamo noi, Milàn l’è un gran Milàn perché corre a più non posso) e neanche da quello ecologico: se abbassassimo la velocità e andassimo di frizione su tutto il territorio comunale, le uniche cose che incrementeremmo sarebbero le emissioni di monossido di carbonio e di anidride carbonica, nonché gli ossidi di azoto e il particolato. Oibò. Nello specifico la simulazione, che ieri è stata presentata al terzo forum di The urban mobility council, in Triennale, vedrebbe schizzare i valori di CO2 dell’1,5% e di PM del 2,7%.
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Chissà se tra i verdi di piazza Scala fischia qualche orecchia. I motori termici, spiegano dal Mit lab, sono progettati per avere la resa migliore di efficienza a un consumo di settanta, ottanta chilometri orari: più del doppio di quelli a cui ci vorrebbero far andare gli ecologisti alla Greta Thunberg. Tra l’altro (ulteriore “sorpresa”) riducendo i limiti di velocità crescerebbero i tempi di percorrenza, con un incremento medio che varia da due a 89 secondi (dipende da quanto è estesa la limitazione e dal tipo di strada su cui si concentra).
Conclusione, siamo sicuri che sia la soluzione? «Questi risultati», afferma Carlo Ratti che è il direttore del Mit lab, «sono i primi di una ricerca che estenderà il suo raggio d’azione per aiutare sempre di più le amministrazioni a prendere le decisioni migliori per la gestione della mobilità urbana. Grazie ai dati che ci forniscono i sistemi di trasporto, tra cui le applicazioni telematiche di Unipol, capiremo come e fino a che punto la riduzione della velocità possa accelerare il progresso verso città più sane, sicure e vivibili». Ché quello, chiaro, è l’obiettivo di tutti. Però non lo si raggiunge con l’ideologia green che non guarda in faccia a nessuno e non tiene conto di quel che realmente avviene sull’asfalto. Magari all’ora di punta. Anche perché, altrimenti, il rischio è di non ottenere nulla. Oppure di ottenere effetti addirittura contrari.
Invece il progetto “Milano trenta”, da mesi, piace a tanti. Tutti di sinistra, guarda caso. Solo che il ritornello del sindaco Beppe Sala, da un anno e mezzo a questa parte, è più un tentennamento che una volata precisa: «Stiamo studiando per trovare le formule giuste». Parole ripetute, con qualche variazione sul tema, in videoconferenza, persino all’evento di ieri. «Non vogliamo essere ideologici ma pragmatici, non abbiamo mai pensato di portare tutta Milano a 30 all’ora ma pensiamo sia sbagliato stare fermi. Cominceremo dalle strade su cui si affacciano le nostre scuole», ha detto il sindaco. Per Sala occorre andare avanti «in maniera selettiva». «Sono soddisfatto», racconta Geronimo La Russa, presidente della costola meneghina dell’Aci, l’Automobil club.
Uno, La Russa, che la questione ecologica non l’ha mai ignorata, men che meno negata, ma che è convinto vada affrontata secondo criterio: «Mi ha fatto piacere sentire che il primo cittadino di Milano, finalmente, esclude la possibilità di una città completamente a trenta all’ora e che invece ipotizza un percorso selettivo, per esempio, dove ci sono le scuole. Questa è la tesi che noi abbiamo portato avanti da sempre. Adesso è confutata anche dai dati scientifici e da studi tecnici».
«Sono molto contento», prosegue, «anche del fatto che si inizi a parlare non di un’unica direzione che deve valere per tutti, ma di un ragionamento più vasto, che tenga conto da un lato delle peculiarità di una metropoli come Milano e dall’altro delle potenzialità delle nuove tecnologie. Non ha senso, per esempio, oggi, costringere chi usa la macchina poco, magari solo qualche volta al mese e per brevi tragitti, a cambiarla necessariamente con una elettrica. Non esiste solo l’elettrico, tra l’altro.
Questa è una città che si deve muovere. Per questo terremo sempre un occhio sull’ambiente e l’altro sulla vita produttiva». Il ministro Salvini, invece, esulta: «Ridurre la velocità in zone pericolose serve, estendere il limite massimo a 30 all’ora ovunque produce solo più code e inquinamento, e i dati scientifici esterni pubblicati oggi ci danno finalmente ragione».