L'editoriale

Mario Sechi: a cosa serve oggi il Movimento?

Mario Sechi

La ruota gira e per Giuseppe Conte questo è il momento più difficile della sua (breve) vita politica. Quando vinci le cose sono facili, ma gestire i problemi della sconfitta è una sfida immane, soprattutto sul piano umano: improvvisamente “gli amici” spariscono, i nemici si moltiplicano, spuntano i critici che prima erano adulatori, mezze figure che non fiatavano ora spargono sale sulle ferite.

Sono prove che fortificano l’anima, Conte ne faccia tesoro. Quando l’ho incontrato qualche giorno fa, durante il faccia a faccia prima del voto, a Otto e Mezzo con Lilli Gruber, Conte sapeva benissimo che il voto europeo era una prova del fuoco, conosceva tutti i rischi e i limiti del suo non -partito. Va detto chiaro che senza Conte il Movimento non ci sarebbe, ma il suo essere “Re Solo” alla fine lo ha reso un debole monarca.

Conte oggi è un perdente, per continuare la sua avventura deve chiarire cosa sono i Cinque Stelle. La prima domanda è la più difficile: il Movimento è di sinistra? Io penso di no, ma è stato Conte a collocarlo “manu militari” nello schieramento progressista e questo è un problema enorme, perché limita le opzioni del suo partito che è passato dallo status di prima forza del Paese a junior partner del Partito democratico. I pentastellati sono finiti in un paio d’anni dal non incarnare alcuna ideologia ad essere una “costola della sinistra”, evoluzione surreale. L’altra domanda è sulle regole, il numero di mandati elettivi: si può rinunciare alla candidatura dei dirigenti politici più esperti e noti? La risposta è ancorano, solo un gruppo di kamikaze può mandare a casa chi ha appena imparato a fare politica. Nelle liste per le Europee del Movimento spiccava la povertà dell’esperienza e un esercito senza generali non può che perdere tutte le battaglie. Il Movimento Cinque Stelle dal suo ingresso in Parlamento (2013) a oggi ha consumato tutto il carburante della fase populista, è arrivato all’anno zero. Rapida ascesa, fulminea discesa. I partiti nascono quando rispondono a una domanda profonda del corpo elettorale e muoiono quando non sono più necessari. E qui arriva la terza domanda che deve farsi Conte: dal grillismo al contismo, il Movimento serve ancora? Forse no, ma il rischio di Conte è che si trasformi nella prova del detto andreottiano che è meglio tirare a campare che tirare le cuoia.