Francesco Storace: dal rapper insulti sessisti a Giorgia, Conte e Schlein non condannano
Ti chiami Gennarone, decidi di fare il rapper, credi persino di essere un artista, capita che ti invitino per il concerto sindacale per il primo maggio a Foggia, sei felice come un bimbetto e ti senti in diritto di sparare un insulto vergognoso a Giorgia Meloni. Ovviamente, quella frase davvero brutta («L’Italia sta vivendo l’ombra del fascismo grazie a quella bocc...ara di Giorgia Meloni»), dovrà ingoiarsela tutta perché stavolta vogliamo sperare che nessuno si metta a discutere di una querela che dovrà per forza essere presentata (e ci ha pensato anche una dirigente locale di Fdi). Ma la misura è davvero colma.
Chi ha autorizzato quel cafone a esprimersi in quella maniera di fronte a tutti nei confronti della premier? Quale medaglia gli hanno promesso? E perché né Elly Schlein né Giuseppe Conte hanno pronunciato una sola parola di censura verso un’espressione davvero intollerabile?
Ha molto più coraggio il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, che non le ha mandate a dire: «Massima solidarietà alla Presidente Meloni per l’inqualificabile aggressione verbale subita durante il concerto del Primo Maggio a Foggia. Ferma condanna verso un attacco vergognoso e sessista, che si pone in senso diametralmente opposto rispetto ai modelli, alla cultura e ai valori della Cisl e del sindacato italiano».
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FERMA CONDANNA - E merita un plauso anche la neosindaca di Foggia, Maria Aida Episcopo, che non ci ha pensato troppo a manifestare solidarietà alla Meloni: «La nostra sensibilità, la nostra cultura, la nostra educazione e il nostro rispetto per le persone e per le istituzioni ci portano naturalmente ad esprimere una ferma condanna di quanto accadutoche investe la responsabilità del singolo e non deve ricadere sui giovani presenti- e la piena solidarietà alla presidente Meloni e a qualunque vittima di insulti e di una violenza verbale inaccettabile. Io stessa dalla mia candidatura a sindaca prima, dalla mia elezione poi, sono quotidianamente vittima di insulti, improperi, body shaming sui social, che hanno lasciato e lasciano molti indifferenti: questione di stile».
Gli insulti sessisti contro la premier sono arrivati dal palco del concerto del primo maggio che si è svolto a Foggia. Durante il concerto - ad assistere allo spettacolo musicale anche alcuni esponenti dell’amministrazione comunale - sul palco è salito il rapper “Gennarone” che parlando di «spettro del fascismo» ha rivolto l’epiteto sessista a Giorgia Meloni. E ieri mattina sono arrivate le scuse tardive del cantante, che in realtà confermano quanto odio covasse nella sua testa. «Chiedo scusa - dice il rapper foggiano - ma le mie parole erano più che altro rivolte al fascismo. Erano una provocazione artistica. Mi sembra una cosa anormale quella che sta accadendo in Italia soprattutto da parte di una presidente del Consiglio che non si dichiara apertamente antifascista e vara leggi che mettono il bavaglio alla stampa e riducono la libertà sull’aborto. È un periodo storico molto delicato e se non ne parliamo noi artisti, ognuno attraverso la propria forma, chi lo dovrebbe fare». Un intellettuale, indubbiamente...
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RITIRATA SPAGNOLA - E come se fosse normale, Gennarone ha concluso le sue “scuse” dicendo che Foggia «deve mostrare il suo alto senso civico non scandalizzandosi per una parola che non voleva di certo essere offensiva nei confronti della presidente e delle donne in generale, ma per tutti gli episodi di criminalità che avvengono e che spengono il futuro».
Insomma, la classica ritirata spagnola. Che pena per chi insulta e poi scappa. Ed è davvero triste che né dai partiti di sinistra, né dai loro vertici, né dalla stessa regione Puglia – il cui vicepresidente era al concerto – sia arrivata una sola nota di rammarico, almeno, per quello che è accaduto. Sono quelli che si fanno chiamare sindaca o assessora e altro ancora, ma quando ad essere insultata è una donna di destra e di quel livello, tacciono. Quasi peggio di chi si esprime con quella volgarità. «Il rispetto della persona, in particolare della donna, è un principio che deve valere sempre e per tutti – ha notato il capogruppo al Senato di Fdi, Malan - e a maggior ragione per una rappresentante delle istituzioni perché siamo in una democrazia. Le penose e ambigue scuse del presunto artista si sono basate su una giustificazione di carattere politico su cui occorre una posizione politica». Ma si sa, c’è il fascismo in Italia e “Gennarone” non poteva tacere. Da cantante a cantastorie.