L'intervista
Claudio Velardi, l'intervista: "Sinistra italiana ancora prigioniera della magistratura"
Storia di una conversione. Da difensori del popolo a servitori di una casta. È il rapporto della sinistra con la legge e la magistratura. L’evoluzione ce la racconta in dieci punti Claudio Velardi, già dirigente del Pci e uomo di fiducia di Massimo D’Alema premier, attualmente docente alla Luiss di Lobbyng e Comunicazione Politica nonché membro scientifico della Fondazione Italia-Usa e presidente della Fondazione Ottimisti e Razional.
IL CAMBIO DI PARADIGMA
Mai magistrati una volta non erano di destra, o meglio fascisti, come li chiamavano i compagni?
«I magistrati erano lo Stato e il Pci, come partito alternativo al sistema, era ultra-garantista, nella tradizione di Umberto Terracini, grande padre costituente».
E poi cos’è successo?
«Crollato il progetto palingenetico dello slogan “lo Stato borghese si abbatte, non si cambia” e quindi abbandonata la mitologia rivoluzionaria, il Pci ha lavorato per penetrare nelle roccaforti dello Stato, cultura, scuola, magistratura, per condizionare la società civile».
Un processo studiato a tavolino?
«Tanti miei giovani compagni hanno deciso di diventare magistrato per fare giustizia; intesa come giustizia sociale, non applicazione della legge. Rientrava nel progetto di creare casematte all’interno delle istituzioni ma autonome rispetto allo Stato».
LA POLITICIZZAZIONE
La Meloni ha criticato una sentenza ed è stata accusata di minacciare la tripartizione dei poteri dello Stato...
«Quella è saltata da un pezzo. Da Tangentopoli la magistratura è diventata un soggetto attivo della politica. Spesso ha fatto e disfatto governi. Il problema oggi è che i giudici sono così potenti da impedire al Parlamento e al governo di fare il loro lavoro, cioè di riformare la giustizia».
Come se ne viene fuori?
«Difficile. Dubito che il governo Meloni riuscirà a fare la riforma. Berlusconi e Renzi furono attaccati frontalmente per averci provato. Oggi chi ha a cuore lo Stato di diritto dovrebbe difendere la politica dai giudici e ripristinare un corretto rapporto tra i poteri».
LA TOGA DI CATANIA
Ma la Meloni ha sbagliato a criticare il giudice di Catania?
«Lei ha criticato la sentenza. Il punto è che se, come la suddetta giudice, in un recente passato ha scritto cose violente e ideologiche contro una parte politica o frequenti Potere al Popolo, è legittimo che qualcuno sospetti dei tuoi verdetti e della tua buona fede nei giudizi».
Ma un magistrato non può vivere sotto una campana di vetro...
«Dev’essere come un prete, astratto rispetto a quel che accade nel mondo. Non può vivere immerso nelle camarille. E per me non dovrebbe neppure candidarsi o, nel caso, dovrebbe avere mille barriere che ne sventino un ritorno in magistratura».
GOLPE GIUDIZIARIO
Sente odore di golpe giudiziario?
«Quello ci fu nel 92-93, con Mani Pulite».
E poi con Berlusconi?
«No, Berlusconi fu perseguitato dalla magistratura, perché troppo potente, ma fu l’Europa a farlo cadere».
E oggi?
«Non mi stupirei se si scatenasse un’offensiva giudiziaria contro la Meloni o qualcuno dei suoi, ma oggi la magistratura ha perso potere. Non credo sia in grado di fare un golpe giudiziario, neppure con l’aiuto dei giornalisti, come avvenne trent’anni fa. Troppe inchieste finite nel nulla hanno fatto perdere autorità alla magistratura».
LA RIFORMA
Perché è convinto che il governo non riuscirà a fare la riforma della giustizia?
«Perché i magistrati si rivolteranno e la sinistra starà con loro anziché con i cittadini».
Ma il ministro Nordio è una toga...
«Di quelle in minoranza; è comunque un buon segnale che ci sia un magistrato che voglia cambiare la giustizia».
L’ECCEZIONE COMUNISTA
Il Pci si salvò da Tangentopoli perché il Pool di Milano era comunista?
«Di Pietro non lo era e cercò di incastrare il Pci, ma non vi riuscì. Era isolato, forse si dimise anche per questo. Un’etica d’appartenenza un po’ malintesa in Procura impedì di arrivare ai comunisti, che comunque finanziavano illecitamente il partito ma con casi di corruzione individuale molto minori».
Negli anni però anche la sinistra è stata vittima di inchieste, spesso infondate...
«Proprio perché i magistrati si sentono superiori alla politica».
IL PARADOSSO
Perché la sinistra tutela ancora i magistrati se spesso ne è finita vittima?
«Perché è schiava delle fandonie che ha raccontato per anni alla sua gente. Tutto nasce dall’intervista di Berlinguer a Scalfari, nel 1981: se dici che è impossibile che il Pci diventi maggioranza perché l’Italia è un Paese corrotto e vota male, ti metti nelle mani della magistratura».
In che senso?
«I tuoi si convincono che al governo ci sia una masnada di fetenti e invoca lo strapotere dei magistrati, al posto del tuo. A quel punto, quando finisci indagato, ogni tua difesa non è credibile agli occhi di chi ti vota e, soprattutto, non puoi che continuare a sostenere la filastrocca dei giudici salvatori del Paese, anche sulla tua pelle».
CANE NON MORDE CANE
Dal suo ragionamento si deduce che non è vero che la maggioranza della magistratura sia composta da giudici che lavorano e basta, senza fare politica...
«Qualcosa è cambiato, i giudici stanno mettendo un freno ai pm. La casta in toga ha raggiunto il proprio apice tempo fa; ora è in declino, la sua politicizzazione manifesta ne ha deteriorato l’immagine».
Vedremo mai un magistrato che paga per i propri errori?
«Non esageriamo, siamo un Paese corporativista. I magistrati sanno che le cose non funzionano ma...».
Difendono la loro indipendenza, sancita dalla Costituzione?
«In Costituzione c’è di tutto, è un pezzo di carta tirato da una parte e dall’altra. Difendono la propria impunità, direi».
LA POLITICA
I grillini oggi sono più giustizialisti del Pd?
«Il giustizialismo è populismo, e quindi M5S oggi è più giustizialista. Ma l’inventore del populismo italiano moderno fu Berlinguer, con quell’intervista sulla giustizia e la superiorità morale dei comunisti».
Il Pd si separerà?
«Più facile che presenti il conto alla Schlein dopo le Europee. Il Pd è un partito di potere ed è difficile che il potere si divida. Basta osservare i riposizionamenti di Franceschini».
Quindi Renzi ha sbagliato a lasciare il Pd?
«In teoria sì; in pratica non poteva fare altro. Lo odiavano, ma lui ci ha messo tanto del suo per farsi odiare».
IL CROLLO DEI DEM
Perché il Pd è crollato?
«È crollata la sinistra, ma dopo aver vinto. Il comunismo è sparito perché sconfitto ma le socialdemocrazie hanno imposto il proprio modello; solo che non è più applicabile nel mondo moderno».
E perciò chi lo ha affermato perde voti...
«Il Pd non riesce a trovare una nuova proposta».
Però il modello vincente era della Dc, non del Pci...
«Sempre di sinistra parliamo».