Critiche a vuoto

Paragone, stoccata a "Repubblica" e "Stampa": l'autogol dei giornali di Elkann

Gianluigi Paragone

E così saremmo la “destra di carta”, perché i giornali del gruppo Angelucci servirebbero a Fratelli d’Italia e Lega per predicare meglio. Così la pensano le penne sotto contratto con la famiglia Elkainn, editori de La Stampa e di Repubblica, laboratori dove sono stati creati le peggiore intese politiche e i peggiori leader. Ieri è toccato al giornale che sulle rive del Po definiscono “la Busiarda”, cioé la Bugiarda, menare Libero, il Tempo e il Giornale per il solo fatto di essere sotto lo stemma della famiglia Angelucci. Il blablabla sulla sanità, sulle cliniche eccetera eccetera, si sprecava; ma mi domandavo: i giornalisti de La Stampa e di Repubblica sanno chi sono i loro editori? Se c’è una famiglia la cui azienda ha ricevuto montagne e montagne di soldi pubblici quella è la famiglia Agnelli, di cui gli zio Molinari, passati dalla Mole a largo Fochetti.

Gli Angelucci garantiscono un giornalismo conservatore, che non si arrende alle rivoluzioni Green(washing) e alla imposizione di un transumanesimo vestito con le battaglie dei diritti Lgbt; un giornalismo che non prende lucciole per lanterne come capitò dalle parti dell’Espresso e di Repubblica con Soumahoro, l’uomo buono da contrapporre al cattivo Salvini.

 

 

 

MASSIMA LIBERTÀ

L’idea di questa narrazione, per gli Angelucci, è talmente forte che consentono persino a un “non allineato” come il sottoscritto di commentare con la massima libertà. Libero, il Giornale, il Tempo raccontano gli italiani e l’Italia per quella che davvero è, con particolare cura al Nord delle piccole imprese, alla cultura del lavoro di chi non ha blasoni e biglietti da visita pesanti che aprono le porte in banca e a generose linee di credito.

 

 

 

Raccontiamo le ansie e le paure degli italiani anche sulla sicurezza e se gli extracomunitari diventano una minaccia, lo scriviamo senza arrovellarci troppo per non dispiacere a Fazio, Saviano, la Murgia e Michele Serra. Lo facciamo da anni e anni, da quando Vittorio Feltri- auguri diretur -, Sandro Sallusti, Pietro Senaldi (anch’io nel breve periodo in cui ricoprii l’incarico di vicedirettore) chiedevano di non mollare mai l’attenzione su quei temi che i cittadini normali avvertono come ansie e legittime preoccupazioni.

Al contrario di quel che sono soliti fare dalle parti di Repubblica, così attenti a cercare ovunque fascismi e furbastri ma anche così distratti dal rendere conto per esempio sulla storia delle mascherine fabbricate da Fca per la Presidenza del Consiglio (governo Conte 2), molte delle quali non conformi e per questo ritirate dalle scuole e dai luoghi dove erano state consegnate. Me ne occupai in Senato e continuo a rompere le scatole. Ecco, al giornale che tanto ha a cuore le sorti dell’ambiente domando: perché non ci raccontate quella storia delle mascherine? Perché la commissione fu affidata proprio a chi costruisce macchine? E perché non ci dite dove pensate ora di smaltire le mascherine in (prevedibile) esubero? Nell’attesa delle risposte, rilancio il tema della commissione d’inchiesta sul Covid. Sbrighiamoci.