la "mamma" di harry potter

J.K. Rowling, così la sua lotta ha salvato l'Occidente

Corrado Ocone

 «J.K. Rowling ha salvato la civiltà occidentale». Così titolava, qualche giorno fa, il canadese National Post un interessante articolo di Amy Hamm. Il titolo era un’iperbole, risultava cioè alquanto esagerato: la Rowling non è l’unica eroina di una battaglia ancora in corso e la nostra civiltà non si è ancora del tutto salvata. Che l’autrice di Harry Potter sia comunque un’eroina è però indubitabile: ha osato sfidare, per amor di verità e innato buon senso, il conformismo imperante e non ha esitato a mettere a repentaglio fama, reputazione e successo (anche economico) che con la sua saga aveva precedentemente raggiunto.

Soprattutto ha dimostrato di capire più degli altri cosa era veramente in gioco con l’affermarsi nella società di un’ideologia tanto radicale quanto intollerante quale quella del gender: la stessa sopravvivenza della nostra civiltà. Al contrario di altre personalità dello star system, la Rowling non ha piegato la testa, non si è adeguata, si è tenuta lontana da ogni forma di nicodemismo. Ha anzi usato la sua notorietà per instillare dubbi e perplessità, a cominciare dal suo pubblico, fra i più ingenui dei suoi fan, chela nuova ideologia (veicolata dai mezzi di informazione e intrattenimento) aveva ormai già ampiamente “corrotto”. Giusto è perciò celebrarne la figura oggi che qualche spiraglio di luce sembra vedersi all’orizzonte e che i segni di ripresa si moltiplicano.

 

 

«La nostra cultura - scrive la Hamm- è stata spinta sull’orlo di un’irreversibile presa di potere da parte di despoti deliranti di una sinistra radicalizzata e ora, per fortuna, sembra che si stia andando verso una relatività normalità». La giornalista ammette però che «non ci siamo ancora» e che alcuni Paesi, come il suo Canada, «sono in ritardo». A dire il vero, in ritardo è anche l’Europa, a cominciare da quella Scozia di cui la Rowling è cittadina e in cui il pensiero unico del gender è stato imposto persino con una legge specifica. I cui effetti, nota l’articolo, sono stati di fatto neutralizzati dal coraggio con cui J.K. si è esposta. In sostanza, il cambiamento lo si sta avvertendo negli Stati Uniti, e soprattutto a partire da quando Trump ha vinto le elezioni presidenziali. Certo, l’America ha fatto sempre da battistrada, anticipando le tendenze che si sarebbero poi affermate anche negli altri Paesi, ma che ciò avvenga anche questa volta è presto per dirlo. Così come non si può dire che nella stessa America la cultura woke, che dell’ideologia di genere è la madre, sia stata messa in un angolo in modo definitivo e non possa più nuocere.

Anzi! In ogni caso, la Rowling ha sconfessato, con le sue prese di posizione, quel teorema che faceva coincidere l’ostilità contro la nuova egemonia come la reazione di un popolino ignorante e arretrato, semi-barbaro, non in grado di stare al passo con un mondo intellettuale moderno e avanzato. La sua azione ci ha aiutato a capire che i veri “barbari” sono coloro che le loro idee le vogliono imporre agli altri, controllando l’accesso al discorso pubblico e censurando di fatto chi la pensa diversamente. Il merito del National Post è tentare un approccio storico al fenomeno, che dovrà ovviamente essere sviluppato in altre sedi. Bisognerà capire come una teoria elaborata nei campus da intellettuali di nicchia come Judith Butler abbia potuto farsi collante, in poco tempo, di un blocco di potere intellettuale, mediatico, politico e finanziario sostanzialmente illiberale