Dopo la liberazione
Cecilia Sala, il racconto del carcere in Iran: "Le due volte in cui sono riuscita a ridere"
Cecilia Sala è finalmente libera. Grazie agli sforzi diplomatici condotti dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni e di tutto il governo, la giornalista è riuscita a uscire dal carcere in Iran dove da 20 giorni era stata rinchiusa. Sala è tornata in Italia per riabbracciare la sua famiglia e il suo fidanzato. E ora è anche libera di raccontare la sua storia.
"A me non è stato spiegato perché sono finita in una cella di isolamento nel carcere di Elvin - ha confessato a Mario Calabresi in una puntata del podcast di Chora Media -. La storia comincia con il fatto che l'Iran era il Paese in cui volevo più tornare, dove c'erano le persone a cui ero più affezionata. Si cerca di avere uno scudo dalla sofferenza degli altri che accumuli, e qualche volta delle fonti che incontri per lavoro diventano amici, persone che vuoi sapere come stanno. L'Iran è uno di questi posti. Qualche volta qualcuno che incontri buca lo scudo che ti sei creato, e in Iran questo mi era successo, ci tenevo a tornare da loro. È molto difficile ottenere un visto per l'Iran; ero molto felice di averlo ottenuto prima di questa partenza".
Ma anche in quei giorni di prigionia, la giornalista è riuscita a trovare degli attimi di gioia. "Sono riuscita a ridere due volte: la prima volta che ho visto il cielo e poi quando c'era un uccellino che faceva un verso buffo - ha aggiunto Sala -. Il silenzio è il nemico in quel contesto e in quelle due occasioni ho riso e mi sono sentita bene. Mi sono concentrata su quell'attimo di gioia, ho pianto di gioia".
"Non è stata minacciata in alcun modo la mia incolumità fisica, ma ho preso in considerazione la possibilità di perdere la vita - ha confessato Sala -. Quando hai paura di essere accusata di qualcosa di molto grave in un Paese dove ci sono punizioni definitive, hai paura anche di quello. Il giorno prima di rientrare in Italia "hanno bussato alla porta della mia camera d'albergo. Pensavo fossero signore delle pulizie, ho detto che stavo lavorando e non ho aperto. Hanno insistito, ho aperto e mi hanno portata via. In quel momento speravo potesse essere una cosa rapida, mi hanno portato in un altro posto, ma ho capito dalle prime domande che non sarebbe stato una cosa breve. Avevo letto di un arresto in Italia (l'ingegnere iraniano Mohammad Abedini Najafabadi a Milano, ndr) e ho pensato che potessero avere l'intenzione di usarmi per quello. Avevo chiara questa ipotesi e pensavo fosse uno scambio molto difficile".
"Ci sono persone che sono in carcere in Iran da moltissimo tempo - ha spiegato Cecilia Sala -. Penso a loro moltissimo. Uno dei momenti più complicati è stato a come avrei detto che mi avrebbero liberata a Farzanè, la donna con cui sono stata insieme in cella negli ultimi giorni e che sarebbe rimasta lì. C'è il senso di colpa dei fortunati nella condizione in cui mi trovo adesso. Sono quindi grata alle persone che per mestiere si prendono cura di chi è nelle condizioni in cui ero io e sono sottoposti a incarcerazioni molto più lunghe".
La giornalista ha poi confessato di aver chiesto ai suoi carcerieri di poter avere una Bibbia da leggere. Il motivo? Si tratta di un libro "molto lungo" e poi è facilmente reperibile anche in lingua "inglese". Ma ciò che sognava più di tutto era poter fumare una sigaretta. Cosa che ha fatto appena atterrata in Italia.