La polemica
Tony Effe, la censura del trapper manda in crisi di nervi i progressisti
Mahmood non parteciperà al concerto romano di fine anno: si sfila in solidarietà alla censura del Comune al rapper Tony Effe. «Speravo finisse diversamente», ha commentato il cantante vincitore di un festival di Sanremo. Anche Mara Sattei ha declinato l’invito. E dunque ora c’è da domandarsi: chi canta? Qualcuno ricorderà infatti che, dopo la presentazione dei big all’evento di fine anno, un gruppo di femministe del Pd e di Azione ha preso carta e penna e ha scritto al sindaco Gualtieri: ma come - vado a braccio- proprio il comune di Roma invita un rapper i cui testi sono contro le donne? Con tutte le battaglie che abbiamo fatto... Gualtieri che fa? Si adegua al coro del politicamente corretto e chiede al rapper di fare un passo indietro. Da qui il corto circuito perché Tony Effe non molla e viene difeso da molti colleghi (da Emma a Lazza) e da altri esponenti tra giornalisti e opinionisti vari.
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Stavolta la leva buonista della moralizzazione si è inceppata e ha fatto scattare la censura. Vedremo come andrà a finire, nel senso che non escludo nuovi ripensamenti e colpi di scena, intanto al Campidoglio la sinistra è sull’orlo di una crisi di nervi. Di sicuro, la giunta Gualtieri ne esce suonata e risuonata. Lo stesso sta capitando per le “sciure” che pensavano di guadagnare consensi e qualche milligrammo di fama con la solita tiritera dei testi dei trapper e di quanto sono brave loro, le femministe della Schlein. Tony Effe è il diavolo? Se anche lo fosse, diciamo che diventa difficile sostenere l’esclusione di Tony Effe dal palco del Circo Massimo quando a febbraio lo stesso cantante sarà sul più prestigioso palco dell’Ariston in quel di Sanremo in diretta Rai. Non è tutto. Se Mahmood e la Sattei hanno scelto di sfilarsi in segno di solidarietà con il collega, non sarà facile trovare dei sostituti per rendere appeal il live di fine anno. A proposito, gli organizzatori del concerto e l’artista hanno in animo di citare la giunta Gualtieri per il danno di immagine. Insomma un pasticcio perfetto innescato dalla smania di eccedere nelle battaglie.
L’altra sera sera, io e Mario Giordano abbiamo portato in scena al Parioli (replicheremo il 27 gennaio al Manzoni di Milano) un nostro spettacolo “Mi ritorna in mente” in cui abbiamo anche raccontato alcuni dei testi di questi “artisti”. Se si accetta che la canzone sia la metrica - anche scomposta o sgradevole - della società odi suoi pezzi, non si può pensare di ragionare per esclusione o, peggio, per rieducazione. La politica può censurare un rapper ma non può pensare che quella sua decisione sterilizzi un brano o un cantante. Vasco Rossi, ancora oggi, propone nei suoi concerti un brano storico che comincia così: «Ho perso un’altra occasione buona stasera, è andata a casa con il negro la troia... ». La canzone è Colpa d’Alfredo e basta il riff di chitarra iniziale per far scattare il coro della Combriccola. E non è l’unica canzone del Blasco... estrema. La censura in passato obbligava per lo più a cambiare i testi: memorabile fu la ripulitura di 4/3/43 di Lucio Dalla. E comunque quando si tenta di cancellare una canzone (per esempio Dio è morto, oscurata dalla Rai ma fatta girare sulle frequenze di radio Vaticana) poi accade puntualmente che quella canzone avvelenata diventi una hit. Vale perla musica come per il resto. Il libro di Vannacci è stata l’ultima conferma.
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