Pd alla deriva
Travaglio fa sbroccare Bersani: "Fuori luogo! L'elenco lo conosco a memoria", lite a La7
Il campo largo al centro del vivace botta e risposta tra Pier Luigi Bersani e Marco Travaglio. A DiMartedì, nella puntata in onda il 10 dicembre su La7, il direttore del Fatto Quotidiano attacca il Pd. Tra le principali critiche quella dell'aver "appena votato la commissione più retriva in Europa insieme alla destra, con Fitto dentro, dopo che la Schlein aveva detto agli elettori che non sarebbero mai andati con la destra della Meloni in Europa". Ma non solo, punta il dito nello studio di Giovanni Floris: "Hanno votato insieme anche sul ritorno del finanziamento pubblico dei partiti, abolito già da un referendum, sul ‘Salva-grattacieli’ (per salvare le costruzioni ritenute abusive dalla Procura di Milano e tutte quelle presenti sul territorio nazionale, ndr), sull’austerità in Europa col Patto di Stabilità che è roba di Gentiloni, sulla transizione militare degli eurobond per spendere 500 miliardi in nuove armi".
Finita qui? Niente affatto: "È con questo Pd che dobbiamo fare i conti, non con l’idea platonica bellissima della sinistra. Se la sinistra avesse avuto qualche somiglianza con l’idea platonica, i 5 Stelle nel 2009 mica sarebbero nati. È da allora che c’è un pezzo di Italia che non si riconosce in quella che si definisce sinistra e che fa politiche retrive e reazionarie".
Parole che non trovano l'ex presidente della Regione Emilia Romagna d'accordo: "L'elenco di Travaglio lo conosco a memoria – controbatte Bersani – ma non voglio replicare perché trovo che alcune cose siano inesatte. C’è una differenza tra autonomia e autonomismo in un’alleanza: l’autonomia va bene, l’autonomismo è guardare le differenze non per comporle, ma per brandirle come un martello. Travaglio, se noi andiamo avanti col brandire le differenze come un martello, quando andiamo sotto, facciamo la fine dei polli di Renzo (dei ‘Promessi Sposi’, ndr)".
Ma il giornalista prosegue la propria invettiva definendo il Pd un partito "di establishment" che poi "pretende di allearsi con un partito anti-establishment", il Movimento 5 Stelle. "Ovviamente non la penso così – risponde l’ex segretario dem –. Definire il Pd come un partito dell’establishment mi sembra veramente fuori luogo. Il Pd è un partito che ha una dimensione popolare. Che poi nella storia abbia avuto i suoi limiti e i suoi problemi, è noto. Io vedo in giro, soprattutto tra i giovani, un sacco di gente che non sa se votare M5s o Pd. E qui interviene l’importanza di un progetto comune".